Migranti, strage di donne e bambini al largo di Lampedusa

In una foto d'archivio un bancone con migranti..
In una foto d'archivio un barcone con migranti.. ANSA

AGRIGENTO. – Hanno provato a chiedere aiuto. Appena visti i soccorsi si sono spostati su un lato del barcone. Movimenti repentini che hanno fatto ribaltare la “carretta del mare” con cui si erano messi in viaggio per la Sicilia. Sono caduti in acqua, all’alba, nel tratto di mare fra Lampedusa e l’isolotto di Lampione.

L’ennesima tragedia dell’immigrazione con sette corpi recuperati finora, tutti di donne: una delle quali incinta di due mesi. Dieci – secondo l’Unicef – i dispersi, la maggior parte dei quali sarebbero bambini. Le ricerche, con le motovedette di carabinieri, Capitaneria e Fiamme gialle vanno ancora avanti, ma nessun altro corpo è stato ancora recuperato. Neanche l’Atr42 della Guardia Costiera decollato dalla base aerea di Catania e l’elicottero Frontex sono riusciti ad individuarne le tracce.

La Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta per naufragio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e il procuratore Luigi Patronaggio ha delegato i poliziotti della Squadra Mobile e la Guardia di finanza di individuare gli scafisti e i basisti in Tunisia: il barcone sarebbe partito un paio di giorni fa da Tunisi.

Nel primo pomeriggio, è stata conclusa l’ispezione cadaverica sulle salme delle 7 donne vittime del naufragio. Sono stati fatti anche i prelievi di sangue per risalire all Dna e, completata i primi accertamenti, è arrivato anche il nulla osta al seppellimento in località che dovrà individuare il prefetto di Agrigento, Maria Rita Cocciufa.

Fra i 46 superstiti anche una madre disperata che cerca la figlia quindicenne di cui si sono perse le tracce dal momento della tragedia. Sembra che la ragazza non sia tra le sette vittime recuperate dalla Guardia costiera e dalla Guardia di Finanza. Secondo gli inquirenti, la giovane potrebbe essere proprio tra i dispersi del naufragio.

Due delle donne sopravvissute, nel pomeriggio, sono state trasferite dal Poliambulatorio di Lampedusa a Palermo. Entrambe sono in gravi condizioni: una ha un edema polmonare, l’altra – in avanzato stato di gravidanza – rischia di perdere la creatura che porta in grembo. Sei (compreso il barcone del naufragio) gli sbarchi che si sono registrati – con un totale di 409 persone – a Lampedusa dove ieri erano giunte altre 136 persone.

Nonostante il trasferimento di 180 migranti con i traghetti di linea della mattina e della sera per Porto Empedocle, all’hotspot sono rimasti 581 ospiti a fronte di una capienza di 250 posti. E’, di fatto, di nuovo, corsa contro il tempo per provare ad alleggerire, temendo nuovi arrivi, le presenze nella struttura di primissima accoglienza di contrada Imbriacola.

“Non serve la solidarietà che ci arriverà adesso, dopo questa nuova tragedia. Si deve prendere coscienza di quel che accade nel Mediterraneo – ha detto il sindaco delle Pelagie Totò Martello – . Ancora aspetto, nonostante la richiesta, di essere convocato dal presidente Draghi. Non si può continuare con la logica di una continua emergenza: bisogna affrontare il fenomeno con un approccio differente, libero dalle speculazioni della contrapposizione politica. incentrato sulla vera tutela dei diritti umani. E bisogna farlo subito perché mentre la politica continua a discutere la gente muore in mare”.

Per il sottosegretario leghista all’Interno Nicola Molteni “solo bloccando le partenze dai Paesi di origine e transito possiamo impedire nuovi sbarchi, altri morti e nuove forme di sfruttamento e di criminalità”. Diversa la posizione del segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni: “se ci fosse stato una missione europea o italiana di ricerca e soccorso in Mediterraneo, se le navi Ong non fossero bloccate da una burocrazia ottusa, se Draghi e il suo governo non finanziassero i trafficanti libici, oggi non saremmo qui a piangere altri esseri umani sacrificati dal cinismo di una politica ingiusta e sbagliata”, osserva il parlamentare.

(Concetta Rizzo/ANSA)

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