Al Met le donne che hanno cambiato la fotografia

Particolare della copertina del catalogo della mostra "The New Woman Behind the camera" al Met di New York.
Particolare della copertina del catalogo della mostra "The New Woman Behind the camera" al Met di New York.

NEW YORK. – La Donna Moderna della fotografia: si chiama Gerda Taro sul fronte della guerra civile spagnola, o Tina Modotti tra i rivoluzionari messicani; Berenice Abbott tra gli intellettuali di Parigi, Dorothea Lange nel Midwest della Grande Depressione, o Lee Miller a Buchenwald e Dachau. E poi Ilse Bing, Lola Álvarez Bravo, Claude Cahun, Florestine Perrault Collins, Elizaveta Ignatovich, Niu Weiyu, Tsuneko Sasamoto e Homai Vyarawalla.

La mostra al Metropolitan “The New Woman Behind the camera” racconta in 185 fotografie, libri illustrati e riviste l’impegno di queste fotografe che al pari, e talora al fianco, di colleghi come Man Ray o Robert Capa rivoluzionarono il modo di raccontare il mondo per immagini nei tumultuosi decenni tra le due guerre mondiali.

La New Woman degli anni Venti (declinata geograficamente come nouvelle femme e neue Frau, modan gāru e xin nüxing) fu una potente espressione di modernità, un fenomeno globale che incarnava un ideale di empowerment al femminile basato su donne reali protagoniste di cambiamenti rivoluzionari nella vita e nell’arte, facilmente riconoscibili nel look ma difficilmente definibili. Donne che sfidavano le convenzioni e gli stereotipi di genere, ammirate e al tempo stesso al centro di controversie.

“L’arco internazionale di questo progetto e’ senza precedenti”, ha detto Max Hollein, il direttore del Met presentando la mostra alla stampa: “La New Woman viene di solito classificata come un fenomeno occidentale, ma questa mostra dimostra il contrario, presentando una storia globale della fotografia fatta di sfumature. E’ alle donne che ne fanno parte che dobbiamo al direzione presa dalla fotografia moderna”.

“The New Woman Behind the Camera”, aperta al Met dal 2 luglio al 2 ottobre per fare poi tappa alla National Gallery di Washington, è infatti la prima mostra che presenta su scala internazionale il ruolo pionieristico delle donne in una serie di settori, dalla sperimentazione di avanguardia, alla foto commerciale, dal fotogiornalismo alla documentazione sociale, l’etnografia, la danza, lo sport e ovviamente la moda.

La mostra prende il via con una serie di autoritratti di Florence Henri, Annemarie Heinrich e Alma Lavenson per passare dagli studi commerciali di Berlino, Buenos Aires e Vienna a quello di Florestine Perrault Collins, un’afro-americana i cui ritratti di famiglie nere di New Orleans fanno parte della storia dei diritti civili oltre che della fotografia.

L’arrivo di macchine fotografiche di dimensioni ridotte porto’ la Lange, Lucy Ashjian, Margaret Boa uscire dallo studio e a viaggiare per il mondo documentando poverta’ e tensioni sociali. E poi la moda con riviste come Vogue e Harper’s Bazaar che definivano i gusti e le aspirazioni della New Woman offrendo un spazio per sperimentazioni destinate a una platea prevalentemente femminile.

Ma se più spesso le donne fotografe ricevevano compiti “soft”, altre rischiarono la vita sulla line del fronte: la mostre presenta il lavoro di fotografe di guerra come Thérèse Bonney, Galina Sanko e Gerda Taro, le foto della Miller alla liberazione dei lager, vedute di Hiroshima di Tsuneko Sasamoto e foto della Cina di Mao di Hou Bo e Niu Weiyu.

(di Alessandra Baldini/ANSA)

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