Traffico di rifiuti con la Cina, frode da trecento milioni

Ufficiali della Guardia di Finanza controllano archivi al computer.
Ufficiali della Guardia di Finanza controllano archivi al computer. (ANSA)

PORDENONE. – La Guardia di Finanza di Pordenone ha scoperto una frode fiscale di 300 milioni di euro e il trasferimento occulto di 150 milioni, oltre ad un vastissimo riciclaggio e traffico internazionale di rifiuti, sull’asse Italia-Cina. L’operazione ha portato all’arresto di 5 persone; altre 53 sono indagate. Sono stati disposti sequestri per 66 milioni di euro.

L’inchiesta delle Fiamme Gialle ha consentito di scoprire un patto tra criminalità italiana e cinese nella commercializzazione, con modalità fiscalmente fraudolente, di materiali ferrosi e no (rame, ottone, alluminio). Un traffico “inedito”: “pensavamo di avere solamente delle frodi fiscali davanti” e “col proseguire delle indagini abbiamo trovato un doppio giro di nero che ci ha sconvolto”, dice il procuratore di Trieste, Antonio De Nicolo, capo della DDA del Fvg.

C’era “un gruppo che aveva un obiettivo, far retrocedere in nero quello che è andato all’estero in chiaro, e un altro con l’obiettivo opposto di portare in Cina del denaro in chiaro tenendosi il nero qui”. Preoccupante è la fusione di due organizzazioni che prima “non avevano contatti di nessun tipo”.

Intercettazioni telefoniche, telematiche, ambientali, pedinamenti, monitoraggi video (aree di stoccaggio, uffici e caselli) captazioni informatiche, hanno ricostruito un importante traffico di rottami metallici, di disparata origine, avvenuto tra 2013-2021, per 150 mila tonn (pari a 7 mila autoarticolati) aggirando gli obblighi ambientali e di tracciatura.

“Gli italiani coinvolti nell’inchiesta trasferivano, tramite sistema bancario, il denaro in Cina, per inesistenti acquisti di acciaio e ferro che venivano poi utilizzati per la copertura di traffici illeciti di rifiuti e frodi fiscali. I cinesi, agli accrediti, compensavano in Italia cash – in buste di plastica consegnate a mano, contenenti anche 200 mila euro cadauna – il controvalore delle somme così “rimesse” in Cina senza affrontare le difficoltà legislative e legali correlate al loro trasferimento nella madre patria”, spiega il comandante della GdF di Pordenone, col. Stefano Commentucci.

“Questo sistema – ha aggiunto – permetteva di far giungere, mediante il sistema bancario internazionale, disponibilità finanziarie in Cina aggirando i presidi della normativa antiriciclaggio in relazione sia al tracciamento delle operazioni in capo ai soggetti interessati, sia alle difficoltà di operare presso istituti di credito con ingenti disponibilità di contante”.

I principali promotori del consorzio criminale sono 5 uomini originari del Triveneto (3 residenti Confederazione elvetica) coinvolti nella gestione di 3 società filtro con sede nelle province di Venezia, Pordenone e Treviso. Sono state condotte 50 perquisizioni anche nelle province di Udine, Gorizia, Padova, Belluno, Verona, Brescia e Como.

(di Lorenzo Padovan/ANSA)