L’India chiude il caso Marò, ora il processo in Italia

I fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone a New Delhi.
I fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone a New Delhi. ANSA

ROMA.  – Caso chiuso. Almeno quello che ha visto per 9 lunghi anni l’Italia e l’India contrapposte sulla sorte dei due fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati di aver ucciso nel 2012 due pescatori indiani scambiati per pirati.

Dopo il pagamento di un risarcimento di 1,1 milioni di euro alle famiglie delle vittime e all’armatore del peschereccio da parte dell’Italia – come stabilito un anno fa dall’arbitrato internazionale -, la Corte suprema indiana ha chiuso definitivamente il caso, ricordando a Roma che ora spetta alla magistratura italiana entrare nel merito della vicenda e processare i due militari. I due marò saranno infatti ascoltati in procura a Roma già nelle prossime settimane.

Soddisfatto il governo italiano, a cominciare dal ministro Luigi Di Maio che ringrazia “l’infaticabile corpo diplomatico” per il lavoro che ha portato alla soluzione dell’annosa disputa, fino al titolare della Difesa Lorenzo Guerini che ha sottolineato la stretta collaborazione con la Farnesina, “in un atteggiamento sempre costruttivo e collaborativo nei confronti del popolo indiano, a cui ribadiamo la nostra amicizia”.

“Un successo della diplomazia italiana”, ha twittato anche il commissario Ue, Paolo Gentiloni, che nel 2016, da ministro degli Esteri, decise di ricorrere alla Corte arbitrale dell’Aja.

La notizia induce un sospiro di sollievo bipartisan, nonostante le diverse sfumature nei commenti delle varie forze politiche, per la vicenda che sembra invece aver lasciato l’amaro in bocca tra le famiglie dei due militari. “Trattati come carne da macello”, ha commentato Paola Moschetti, moglie di Latorre.

“Sacrificati alla sottomissione indiana”, ha detto quella di Girone, Vania Ardito. “A breve Massimiliano potrà essere sentito dai pm e dire la sua verità. Non ci sarà nessun segreto militare che tenga”, ha aggiunto l’avvocato di Latorre, Fabio Anselmo, lamentando che al fuciliere non fosse consentito parlare pubblicamente della propria vicenda.

Un anno fa è stato il Tribunale arbitrale internazionale a decidere una volta per tutte che la giurisdizione del caso spetta alla magistratura italiana, perché al momento dei fatti i due militari – in servizio anti pirateria a bordo della nave commerciale Enrica Lexie – godevano dell’ “immunità funzionale”.

Ma al tempo stesso la Corte dell’Aja stabilì che l’Italia avrebbe dovuto risarcire “la perdita di vite umane” dei due pescatori, Ajeesh Pink e Valentine Jelastine, e il danno materiale e morale “sofferto dagli altri membri dell’equipaggio e dal comandante del peschereccio indiano Saint Anthony”, Freddy Bosco. L’ammontare del risarcimento fu deciso in seguito con un accordo tra le parti, e finalmente la somma, versata dallo Stato italiano, è stata depositata a Delhi.

Conclusa la vicenda internazionale, a oltre 9 anni dall’accaduto, i giudici italiani devono entrare nel merito. Sin dal 2012 la procura di Roma ha aperto un fascicolo per omicidio volontario, affidato al sostituto procuratore Erminio Amelio, che in questi mesi ha analizzato gli atti inviati dal Tribunale arbitrale per poi procedere alla conclusione delle indagini che potrebbe arrivare in estate.

Latorre e Girone furono già ascoltati dai pm capitolini una prima volta il 3 gennaio del 2013, quando fecero ritorno per alcuni giorni in Italia dall’India, dove erano trattenuti. Sempre nel 2013 su incarico della Procura fu effettuata anche una perizia sul computer e su una macchina fotografica che si trovavano a bordo della Enrica Lexie.

(di Laurence Figà-Talamanca/ANSA).

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