In Burkina Faso 100 morti nel peggior massacro dal 2015

Agenti della polizia pattugliano una strada a Burkina Fasso
Agenti della polizia pattugliano una strada a Burkina Fasso. (ANSA)

IL CAIRO. – Il terrorismo islamico nel Sahel ha segnato un sanguinoso record per il Burkina Faso, dove un attacco nel nord ha causato almeno “un centinaio” di morti, tra cui diverse donne: la cifra più alta mai registrata da quando, nel 2015, è iniziata l’insurrezione jihdista.

Il bilancio provvisorio dell’incursione compiuta nella notte fra venerdì e sabato a Solhan, nella provincia di Yagha, è stato confermato dal governo burkinabé e ancora diverse ore dopo non c’erano rivendicazioni. La matrice appare però abbastanza chiara dato che la provincia si trova nell’area delle cosiddette “tre frontiere” tra Burkina Faso, Mali e Niger, spesso bersaglio di micidiali assalti contro civili e militari da parte di jihadisti soprattutto del Gruppo sostegno all’Islam e ai musulmani (Gsim), affiliato ad Al-Qaeda; e dello Stato islamico nel grande Sahara (Eigs), ma anche di altre formazioni minori.

A Tadaryat, un villaggio nella stessa regione, venerdì in tarda serata peraltro c’è stato un altro attacco in cui sono state uccise almeno 14 persone, tra cui un ausiliario dell’esercito. Ma la carneficina senza precedenti per il Burkina, la poverissima ex-colonia francese nota fino al 1984 come Alto Volta, si è consumata a Solhan, una quindicina di chilometri da Sebba: come hanno riferito una fonte locale e una della sicurezza, l’attacco è stato sferrato verso le due di notte da “individui armati” che hanno “preso di mira prima la postazione dei Volontari per la Difesa della Patria” (Vdp, ausiliari civili dell’esercito), poi case e il mercato, dati alle fiamme.

Le uccisioni sono avvenute a sangue freddo, in quelle che vengono definite “esecuzioni”. Il governo del Paese, uno dei più poveri al mondo, ha indetto tre giorni di lutto nazionale. La strage si inquadra nella minaccia terroristica nel Sahel, la regione semi-arida africana dove i jihadisti conquistarono gran parte del nord del Mali tra il 2012 e 2013.

La Francia e altri alleati stranieri hanno dispiegato truppe (il cosiddetto ‘G5 Sahel’, che opera anche in Burkina Faso, Ciad, e Mauritania) ma non sono riusciti a porre fine alla rivolta. In Burkina, dove si intreccia con conflitti intercomunitari, la violenza jihadista dal 2015 ha provocato circa 1,2 milioni di sfollati e un numero di morti elevato anche se difficilmente precisabile (l’Onu ne ha contati più di 1.800 nel solo 2019).

Finora la strage peggiore perpetrata in Burkina Faso era stata quella dell’attacco del 24 dicembre 2019 ad Arbinda, che provocò 42 morti (di cui 35 civili e sette soldati).

(di Rodolfo Calò/ANSA)