Droga, omicidi e 007. Un boss scuote la Turchia

Il presidente turco, Erdogan
Il presidente turco, Erdogan. FOTO WIRED

ISTANBUL.  – Omicidi eccellenti, traffici internazionali di droga, patti occulti con i servizi segreti: da alcune settimane, le rivelazioni sul web di un capomafia latitante scuotono la Turchia, aprendo uno squarcio sulle presunte influenze del cosiddetto “Stato profondo” negli ultimi trent’anni di vita politica e istituzionale, prima e dopo l’ascesa al potere di Recep Tayyip Erdogan.

Tutto è cominciato quando il boss Sedat Peker – sulle spalle numerosi anni di carcere e condanne per reati di criminalità organizzata – ha cominciato a pubblicare su YouTube dal suo rifugio di Dubai una serie di lunghi video in cui accusa alcune delle figure più influenti del panorama nazionale, compresi ministri e alti papaveri dell’Akp del presidente Erdogan.

Un supposto vaso di Pandora, aperto secondo il capomafia per vendicarsi dei raid della polizia contro la sua famiglia, ancora in Turchia. Le dichiarazioni, pur non comprovate, hanno attirato un’enorme attenzione: l’ultimo capitolo della “saga”, pubblicato ieri, ha superato le 10 milioni di visualizzazioni.

Nel mirino del boss 49enne, noto per la sua vicinanza ai gruppi ultranazionalisti, è finito in particolare il potente ministro dell’Interno, Suleyman Soylu, che secondo la versione di Peker lo avrebbe prima aiutato a fuggire all’estero lo scorso anno, avvisandolo di un arresto imminente, e poi tradito.

Al centro di dichiarazioni scottanti c’è anche il figlio dell’ex premier Binali Yildirim, accusato di aver organizzato un traffico di stupefacenti con il Venezuela. Dichiarazioni seccamente respinte da Soylu, che ha denunciato Peker per diffamazione, e Yildirim, che le ha bollate come “una totale menzogna e una calunnia”.

I racconti del pregiudicato-star scavano anche negli oscuri anni Novanta della Turchia e nel sanguinoso conflitto con il Pkk, denunciando pezzi dello “Stato profondo” per l’uccisione di attivisti e imprenditori curdi come Savas Buldan, marito dell’attuale leader dell’Hdp, Pervin Buldan.

Nel frattempo, la polizia ha arrestato il fratello del boss, Atilla Peker, accusato in uno dei video di essere stato assoldato 25 anni fa dall’ex ministro dell’Interno e capo della polizia Mehmet Agar e dallo 007 Korkut Eken per uccidere un giornalista turco-cipriota, Kutlu Adali, che non avrebbe poi assassinato perché anticipato da altri.

Agar viene descritto dal boss anche come il mandante un altro omicidio insoluto, quello del 1993 del noto giornalista investigativo Ugur Mumcu. Rivelazioni che hanno spinto Reporters sans Frontières a chiedere alle autorità di riaprire le indagini su questi delitti rimasti senza colpevoli.

E proprio ieri, ai legali di Agar ed Eken è stato notificato l’annullamento della loro assoluzione dalle accuse di 18 omicidi extragiudiziali degli anni Novanta, per cui ora saranno ora nuovamente processati.

(di Cristoforo Spinella/ANSA).

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