Israele e Hamas cantano vittoria dopo la tregua a Gaza

Un giovane cammina sopra le macerie di edifici distrutti a Gaza.
Palazzi distrutti a Gaza. durante gli scontri di maggio.(ANSA)

TEL AVIV.  – Dalle due della notte scorsa le armi tacciono. Per Israele e Hamas è tempo di bilanci ed entrambi cantano vittoria. Netanyahu ha rivendicato il successo dell’operazione “Guardiano delle Mura” che “ha cambiato le regole del gioco per Hamas”.

Il capo della fazione che governa Gaza ha replicato che è stato inferto un “duro colpo che lascerà i suoi dolorosi effetti su Israele e sul suo futuro”.

Ma i nodi politici, come testimoniano i nuovi disordini tra polizia e manifestanti palestinesi di oggi sulla Spianata delle Moschee a Gerusalemme, restano irrisolti.

La stessa formula che ha permesso alla mediazione egiziana di bloccare il conflitto rimanda ad una decisione “unilaterale” delle parti, che esclude quindi ogni altro dossier. Ora – se la tregua reggerà, come tutti si auspicano – spetta alla politica affrontare i problemi, in uno scenario analogo a quello post conflitto del 2014, segnato allora dall’insuccesso diplomatico.

Il boccino – dopo l’intensa attività svolta dal presidente Usa Joe Biden durante la crisi – sembra essere nelle mani del segretario di Stato Usa Antony Blinken, che ha annunciato il suo arrivo nella regione “nei prossimi giorni”. Blinken, ha spiegato il Dipartimento di stato, incontrerà le sue controparti “israeliane, palestinesi e regionali” per “lavorare insieme per costruire un futuro migliore”.

E anche l’Ue non intende restare a guardare: la presidente Ursula von der Leyen ha sottolineato che “solo una soluzione politica porterà a tutti pace e sicurezza durature”.

Mentre il presidente Abu Mazen – privato per ora della bandiera palestinese strappatagli da Hamas come indicano i vessilli verdi dell’organizzazion sventolati oggi e nei giorni scorsi sulla Spianata delle Moschee e negli scontri con Israele – ha invocato “un orizzonte politico” come scudo al conflitto.  “Sotto l’egida del Quartetto e – ha precisato – in conformità con le decisioni di legittimità internazionale”.

Nel frattempo comunque Israele e Hamas si fanno i conti in casa. “Il nostro obiettivo – ha detto Netanyahu – era riportare calma e sicurezza ai cittadini del nostro Paese e questo abbiamo fatto. Abbiamo inferto ad Hamas un danno massimo”.

Poi ha toccato un punto nevralgico per Israele: quello dei razzi (oltre 4mila in questa tornata) che dal 2014 non hanno mai smesso, a più riprese, di bersagliare lo Stato ebraico. “Se Hamas pensa che accetteremo lanci sporadici, si sbaglia. Ciò che è valso per il passato – ha ammonito- non varrà per il futuro”.

Una risposta alle critiche sollevate da una parte della popolazione del sud di Israele alla decisione di sospendere le ostilità. Difficile per qualsiasi premier consentire che un milione e mezzo di propri cittadini sia sotto costante minaccia di razzi che hanno fatto 12 vittime e centinaia di feriti, solo grazie al sistema di protezione Iron Dome che ha limitato i danni.

Yair Lapid, il leader centrista a cui il presidente Reuven Rivlin ha affidato il mandato di formare il nuovo governo, lo ha attaccato: “I cittadini e soprattutto le comunità al confine con Gaza hanno sofferto per il pesante lancio di razzi e non hanno ottenuto nessun risultato”.

Non a caso l’esercito ha puntato alla distruzione (oltre 100 chilometri) della rete dei tunnel, luogo di comando e rampe di lancio nascoste, anche tra gli edifici civili. E all’eliminazione dei capi di Hamas e della Jihad: “Sono stati uccisi – ha spiegato Netanyahu – più di 200 terroristi, compresi 25 dirigenti”.

Da Gaza – dove è arrivata la delegazione egiziana per rafforzare la tregua insieme ai primi aiuti internazionali per fronteggiare la pesante crisi umanitaria e dove si registrano 243 vittime, di cui 66 minori, e circa 2000 feriti – il capo di Hamas Ismail Haniyeh ha sollevato la bandiera della “resistenza”.

“Quello che è successo in Cisgiordania – ha detto riferendosi agli scontri di questi 11 giorni nei Territori e nello Stato ebraico – è stata un’Intifada e ciò che hanno fatto gli arabi in Israele una rivoluzione. Hanno fatto perdere a Israele l’equilibrio”.

(di Massimo Lomonaco/ANSA).