Facebook conferma il bando, Trump lancia il suo sito

Nella composizione grafica l'immagine di Donald Trump ed il logo della rete sociale Facebook nello schermo di un telefonino.
Nella composizione grafica l'immagine di Donald Trump ed il logo della rete sociale Facebook nello schermo di un telefonino. (ANSA) In this photo illustration, a phone screen displays a Facebook logo with the official portrait of former US President Donald Trump on the background, on May 4, 2021, in Arlington, Virginia. - Facebook's independent oversight board was set for a momentous decision on the platform's ban of former US president Donald Trump, as debate swirls on the role of social media in curbing hateful and abusive speech while controlling political discourse. (Photo by Olivier DOULIERY / AFP)

WASHINGTON. – Fuori da Facebook e dalla controllata Instagram per altri sei mesi: il comitato di sorveglianza della piattaforma di Mark Zuckerberg ha confermato la sospensione di Donald Trump per aver incitato i suoi fan ad assaltare il Congresso il 6 gennaio scorso ed averli poi difesi come “patrioti”. Ma nello stesso tempo ha chiesto a Fb di riesaminare la decisione entro sei mesi  stabilendo dei criteri perché “non è appropriato imporre una sospensione indefinita” senza spiegazioni.

La “sentenza” riapre il dibattito sul potere di Big Tech sulla libertà di parola online, con i conservatori che si indignano gridando già allo scandalo mentre la Casa Bianca ammonisce che i social devono fare di più per combattere la disinformazione sulle elezioni e sui vaccini anti Covid.  La decisione impedisce comunque un immediato ritorno di Trump sui social mainstrean, dopo che è stato sospeso pure da Youtube e bandito a tempo indeterminato da Twitter, anche se il tycoon ha già lanciato un guanto di sfida inaugurando un suo website.

Lo stesso dove ha postato la sua furiosa reazione: “Quello che hanno fatto Facebook, Twitter e Google è una vergogna assoluta e un imbarazzo per il nostro Paese. La libertà di parola è stata tolta al presidente degli Stati Uniti perché i pazzi della sinistra radicale temono la verità, ma essa uscirà comunque, più grande e più forte che mai… Questi social corrotti devono pagare un prezzo politico e non si deve nuovamente consentiré loro di distruggere e decimare il nostro processo elettorale”.

Trump ha ripetuto inoltre le sue accuse di elezioni truccate attaccando Liz Cheney, la numero tre del partito republicano alla Camera che aveva votato a favore del suo impeachment per l’attacco al Capitol, perché “continua stupidamente ad affermare che non ci sono state frodi elettorali nelle presidenziali 2020 mentre i fatti, le prove, dimostrano il contrario”.

Nel partito sono già iniziate le grandi manovre per rimuovere la Cheney dal suo ruolo e sostituirla con un’altra deputata alleata di Trump, Elize Stefanik: un test di lealtà verso l’ex presidente che rischia di spaccare il Grand Old Party.

Il nuovo sito inaugurato dal tycoon si chiama “From the Desk of Donald J. Trump”, un website dove sono postati comunicati e mvideo. É stato realizzato da Campaign Nucleus, una società di servizi digitali creata dall’ex campaign manager Brad Parscale.

Fornendo email e numero telefonico, gli utenti possono ricevere notifiche dei messaggi, esprimere i loro “like” e condividere i post dell’ex presidente su Facebook, Twitter e Youtube.

Assomiglia più ad un blog che ad un social alternativo. Lo stesso Jason Miller, suo fidato consigliere, ha precisato che non si tratta della piattaforma social promessa nei mesi scorsi, preannunciando altre novità a breve. Tutti sforzi che dimostrano come Trump cerchi di ristabilire una linea diretta con la sua base, che fu l’arma principale del suo trionfo.

La decisione del comitato di sorveglianza di Facebook alimenta intanto il dibattito sul ruolo della Silicon Valley sulla libertà di espressione nel web. Il Facebook Oversight Board è formato da una ventina di ex leader politici, attivisti dei diritti umani e giornalisti chiamati come saggi indipendenti a riesaminare le scelte più spinose della policy della piattaform: una sorte di corte suprema social, con decisioni vincolanti anche se non ha alcun potere legale. Ma sulla sua reale indipendenza c’è più di qualche dubbio: l’organismo è stato creato, selezionato e finanziato (con un trust di 130 milioni di dollari) dal fondatore e patron di Facebook Mark Zuckerberg.

Nella sua decisione su Trump tuttavia, pur giustificando la decisione di sospenderlo per il rischio di violenze, il panel non nasconde alcune critiche alla società: “Non è ammissibile per Facebook tenere un utente fuori dalla piattaforma per un periodo indefinito senza alcun criterio su quando o se il suo account debba essere ripristinato”. Un problema di regole. Ma anche di chi le scrive.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA).

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