Farmaco contro Parkinson causa ludopatia, Pfizer condannata

Giocatore con la testa appoggiata alle slot-machine
Giocatore con la testa appoggiata alle slot-machine

TORINO. – Per curare il Parkinson ha usato, per cinque anni un farmaco che lo ha trasformato in un giocatore d’azzardo incallito, portandolo sull’orlo del baratro. Ora però la Corte d’Appello del Tribunale Civile di Milano ha condannato il colosso farmaceutico Pfizer Italia a risarcire un sessantenne del centro Italia.

Cinquecentomila euro, tra danni economici e morali, perché quegli effetti collaterali – la ludopatia, appunto, e l’ipersessualità – non erano indicati nel bugiardino del medicinale – il Cabaser – negli anni in cui l’aveva utilizzato. “I primi sintomi si sono manifestati poco dopo l’assunzione del medicinale – ha raccontato ai giudici l’uomo – Mangiavo di più, ero diventato ipereccitato sul piano sessuale. Poi ho cominciato a giocare. All’inizio senza denaro, per finta. Invece di lavorare guardavo il casinò online. Poi ho fatto il primo bonifico bancario a una società straniera, 50 dollari. Ma i soldi duravano poco e i bonifici aumentavano. Non riuscivo più a fermarmi”.

In cinque anni l’uomo ha ‘fatto fuori’ più di 1.800 carte di credito usa e getta. E, dopo aver sottratto centomila euro alla sua azienda, soldi che ora restituirà, ha anche perso il lavoro. Gli stessi amici non volevano più vederlo, perché ogni volta era una richiesta di denaro.

Solo dopo essersi rivolto a un medico, e aver sospeso l’assunzione del farmaco, la voglia di giocare e l’ipereccitazione sono svanite. E’ stato allora che l’uomo si è rivolto allo studio legale torinese Ambrosio & Commodo, che ha iniziato una lunga battaglia legale. Gli effetti collaterali del ‘Cabaser’ comparvero nel bugiardino solo nel 2007, l’anno dopo che l’uomo smise di utilizzarlo.

La Corte d’Appello, nella sentenza pronunciata in questi giorni, scrive che qualunque azienda farmaceutica deve dimostrare “di aver fornito un’adeguata informazione circa i possibili effetti indesiderati dello stesso, aggiornandola — se necessario — in relazione all’evoluzione della ricerca”.

Una sentenza storica, la prima in Italia contro la Pfizer, mentre negli Usa e in Australia, ci sono state già delle condanne. “Non abbiamo mai messo in dubbio l’ottima azione terapeutica del farmaco sotto il profilo medico, riconosciuta anche dal nostro cliente — osserva l’avvocato Stefano Bertone, che insieme Renato Ambrosio e Chiara Ghibaudo hanno rappresentato il sessantenne nel procedimento -. Ma semplicemente il difetto per mancanza di una qualità fondamentale, ovvero l’indicazione in foglietto illustrativo delle reazioni avverse: gli utilizzatori devono sempre conoscerle in anticipo”.