In Francia è caccia a Di Marzio, “non ci rinunciamo”

Una delle foto, rilasciate dal Tribunale, rese pubbliche a trent'anni dall'omicidio del vicebrigadiere di Polizia Antonino Custra, ucciso nei violentissimi scontri che scoppiarono il 14 maggio del 1977 a Milano durante una manifestazione di giovani dell'Autonomia.
Una delle foto, rilasciate dal Tribunale, rese pubbliche a trent'anni dall'omicidio del vicebrigadiere di Polizia Antonino Custra, ucciso nei violentissimi scontri che scoppiarono il 14 maggio del 1977 a Milano durante una manifestazione di giovani dell'Autonomia. ANSA

PARIGI. – Maurizio Di Marzio è sempre latitante e il suo obiettivo è evidente a tutti: arrivare al 10 maggio, giorno in cui la pena  a 5 anni e 9 mesi che deve ancora scontare sarà prescritta. L’antiterrorismo francese e gli esperti italiani sono sulle sue tracce: “Non ci rinunciamo”, è la loro promessa.

Prima giornata di ritorno a casa invece per gli altri 9 ex terroristi rossi dopo il fermo e la notifica della procedura di estradizione. Da mercoledì si comincia con i processi davanti alla Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello.

Irène Terrel, la storica avvocata degli “italiens”, che ha convinto Luigi Bergamin e Raffaele Ventura a costituirsi ieri, sostiene di “non avere novità” da Di Marzio. Spiega e difende la sua strategia di aver fatto costituire i due che non si erano fatti trovare per mostrare al giudice che tutti sono collaborativi e rintracciabili.

“Sono stati rimessi tutti in libertà ed abbiamo vinto una prima battaglia – dice all’ANSA la Terrel -. Questo è importantissimo perché trasforma tutta la tempistica del procedimento: se le persone sono detenute, tutto diventa urgente, mentre i tempi con le persone libere non sono gli stessi. Vedrete, abbiamo molti argomenti, li utilizzeremo tutti. Non sono pessimista, questa procedura si allungherà moltissimo nel tempo, faremo tutti i ricorsi possibili”.

Su un punto l’avvocata Terrel pensa che non ci sarà neppure bisogno di battersi troppo: “La dichiarazione arrivata dalla procura di Milano di un Bergamin ‘delinquente abituale’, stratagemma dilatorio per cercare di interrompere la prescrizione, non vedo come possa essere accettato da un giudice. É una questione inventata una settimana prima della scadenza, porterò all’avvocato il suo casellario giudiziario vergine, abita in Francia dal 1982 ed ha dovuto subire 2 procedure di estradizione, mai concessa. Questa sarebbe la terza. É una caricatura di procedura, il suo avvocato in Italia non è stato neppure informato. Neppure lui era stato informato”.

Sul fronte dell’antiterrorismo, si è consci – secondo quanto si apprende da fonti qualificate – che la battaglia in aula sarà senza esclusione di colpi, ma nulla sarà lasciato intentato.

Anche se l’obiettivo Di Marzio, che ha comunque scontato un lungo carcere preventivo in Italia e al quale resterebbero soltanto pochi anni, non era all’inizio il principale. La convinzione degli inquirenti è che la rete di protezione degli ex terroristi italiani in Francia sia ancora attiva e che all’occorrenza possa entrare in azione per proteggere chiunque di loro avesse bisogno di sottrarsi alla giustizia. Dopo anni si conoscono perfettamente, ognuno conosce i movimenti degli altri – secondo gli inquirenti – prova ne sia che al “Baraonda”, la pizzeria di Di Marzio, uno dei dipendenti era l’altro ex brigatista Luigi Alimonti, uno dei 9 fermati.

Per ora, l’ordine di scuderia, per tutti, è profilo bassissimo e rifiuto assoluto di dichiarazioni pubbliche, interviste, incontri anche con amici. “E’ ancora troppo presto – taglia corto la Terrel – avranno molto tempo per decidere se esprimersi o lasciar parlare qualcuno che li rappresenti”.

(di Tullio Giannotti/ANSA).

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