Crisi in Ulster, si dimette la first minister Foster

La premier dimissionaria dell' Irlanda del Nord Arlene Foster.
La premier dimissionaria dell' Irlanda del Nord Arlene Foster. Archivio.

LONDRA. – Terremoto politico in Irlanda del Nord, dove – nel pieno delle turbolenze locali del post Brexit e del timore di minacce al precario equilibrio fra comunità confessionali contrapposte stabilito dagli storici accordi di pace del 1998 – è caduta oggi la testa di Arlene Foster: prima leader donna del maggiore partito unionista locale, il Dup, e first minister del governo regionale di Belfast.

Foster ha annunciato il passo indietro dopo che i gruppi parlamentari del suo stesso partito avevano iniziato ieri a raccogliere firme per sfiduciarla assieme al vice Nigel Dodds. E avendo verificato di avere ormai contro l’80% dei colleghi. Ha poi spiegato che un nuovo leader sarà eletto nel giro di “qualche settimana”, assicurando di “voler lavorare” con chi le succederà. Ma il clima è già quello di una resa dei conti intestina: specie con l’ala più tradizionalista e ultrà del Dup.

La crisi esplode sullo sfondo dei disordini scatenati nei giorni passati da gruppi di giovani in varie città nordirlandesi e alimentati almeno in parte dalle paure della base unionista sulle possibili conseguenze indirette della Brexit rispetto al legame con Londra, ossia alla sovranità britannica sull’Ulster.

Le dimissioni di Foster dal vertice di partito diverranno effettive il 28 maggio, mentre quelle da first minister (poltrona che spetta tradizionalmente al Dup nell’ambito della coalizione di unità nazionale con gli ex nemici cattolico-repubblicani dello Sinn Fein sancita fin dalla pace del Venerdì Santo 1998) non scatteranno prima di fine giugno: col probabile passaggio di consegne a chi verrà designato a guidare il partito dopo di lei.

Ma l’esecutivo locale andrà comunque ricostituito da zero, tenuto conto che anche la vicepremier dello Sinn Fein, Michelle O’Neill, si è per ora dimessa, prendendo atto dello scioglimento della compagine attuale.

Cinquantenne, figlia di un poliziotto protestante, Foster si è detta “orgogliosa di aver servito” la sua terra, una delle quattro nazioni del Regno Unito, come capo del governo locale a partire dal 2016 e come deputata da 18 anni.

Ha poi definito “difficile” l’ultimo triennio, tornando a denunciare il Protocollo nordirlandese – imposto fra le intese del dopo Brexit da Bruxelles al governo centrale britannico di Boris Johnson “contro la volontà degli unionisti”, ha sottolineato – come uno strumento pericoloso: destinato a essere “usato per destabilizzare l’Irlanda del Nord”.

Ma ha aggiunto d’essere ottimista su un futuro garantito dalle “nuova generazione di unionisti entrata in politica per cercare di migliorare l’Irlanda del Nord”. Non ha mancato d’altronde di esprimere amarezza per essere stata bersaglio anche di “critiche misogine” dopo aver “rotto il soffitto di cristallo” con la propia elezione a leader del Dup; e aver comunque “ispirato altre donne”.

Il governo Johnson le ha reso onore per “la dedizione di servitrice dello Stato” per bocca del ministro per gli Affari Nordirlandesi, Brandon Lewis. E parole di stima le sono state riservate pure dall’alleata-avversaria repubblicana Michelle O’Neill, nonché – da Dublino – dal ministro degli Esteri irlandese, Simon Coveney.

Mentre tutti  appaiono inquieti sul profilo di chi le succederà, nel timore di una svolta ancor più radicale in seno al Dup dove Foster è stata contestata in particolare dai falchi: tanto sulle sue reazioni – considerate non suficientemente bellicosa – sul dossier Brexit, quanto per le “esitazioni” rinfacciatele nei riguardi sia di una controversa proposta di legge locale in favore delle cosiddette “terapie” contro l’omosessualità sostenuta a spada tratta dalla destra unionista sia della tradizionale linea dura anti-aborto del Dup.

Lascia un commento