Smart working e via da città, cambia mercato casa

Un giovane al lavoro da casa davanti un computer
Un giovane davanti un computer svolge un lavoro da casa. EPA/ERIK S. LESSER

ROMA. –   Un altro effetto del Covid. Questa volta si abbatte sul patrimonio edilizio, ed è pronto a cambiare il mercato immobiliare di case e uffici.

Il vero accusato principale è lo smart working, esploso con l’avanzare dell’emergenza sanitaria e economica; che, tra i molti modi di essere applicato, ha avuto una conseguenza non proprio nascosta sulle città italiana: la fuga verso i piccoli paesi, magari in aree interne, dove la vita non è frenetica e dove non mancano ampi spazi o giardini.

Ma dove lavorare da “remoto” è naturalmente possibile. il concetto è semplice: se devo lavorare da casa, lontano dall’ufficio, che importa quanto sia quel “lontano”.

Non si tratta però soltanto di anticipazioni di quello che sarà, dal momento che – come spiega il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa – la “tendenza è già avviata”.

La fuga dalle città per “chi può farlo in tutto, o almeno in parte – ha messo in evidenza in un’analisi fatta per il Res Day “Real estate strategies”, e dedicata alla situazione del patrimonio immobiliare dopo un anno di emergenza da Covid-19 – “cambierà il mercato immobiliare, sia il comparto abitativo che quello non abitativo, del commerciale e degli uffici”.

Due gli elementi da prendere in considerazione – che “già stanno accadendo e che accadranno sempre di più in futuro” – proprio perché case e uffici sono “due comparti” che “in Italia sono particolarmente legati, spesso intrecciati anche per la nostra conformazione storica”.

Il primo, per “l’abitativo c’è una tendenza in corso, e vediamo come evolverà, a trasferirsi in piccoli centri, in abitazioni più grandi, con spazi aperti; la seconda, la riduzione degli spazi di lavoro in senso fisico e chi riduce invece soltanto gli spazi destinati a dipendenti e collaboratori e decide di dedicarli ad altro.

A dirla tutta, secondo Spaziani Testa, il trasferimento “nei piccoli centri, cosa che può comportare la rinascita di certe aree interne”, potrà avere “riflessi in termini di prezzi e del numero di compravendite sulle città piccole o medio grandi del nostro Paese”.

E, per comprare casa, se il governo offrisse un aiuto ai giovani non sarebbe poi così male. Anzi. Proprio “la conferma di misure a favore dell’acquisto della prima casa da parte di giovani coppie potrebbe incidere in positivo”, rileva Spaziani Testa, ricordando che di questo se ne parla nel Def.

E che pur non essendoci ancora testi legislativi, da un lato sarebbe nei fatti “un sostegno a chi non riesce ad affrontare l’acquisto per l’impossibilità di godere di una prima somma a disposizione”, cioè un anticipo, “arrivando così quasi a un finanziamento al 100%”; dall’altro sarebbe, “anche sul piano psicologico, una spinta in più all’acquisto” della “prima casa attraverso una garanzia statale sulla parte che molti giovani non riescono a coprire”. In città o piccolo paese che sia.

(di Tommaso Tetro /ANSA).

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