Addio Collins, l’uomo più solo a un passo dalla Luna

In questa foto d'archivio scattata nel 1969 da sinistra gli astronauti Neil A. Armstrong, Michael Collinse Edwin E. Aldrin Jr..
In questa foto d'archivio scattata nel 1969 da sinistra gli astronauti Neil A. Armstrong, Michael Collinse Edwin E. Aldrin Jr.. EPA/NASA FILES

ROMA. – E’ diventato celebre come ‘l’uomo più solo’, rimasto nell’orbita lunare a pilotare il modulo di comando Columbia della missione Apollo 11, mentre i suoi colleghi Neil Armstrong e Buzz Aldrin erano i primi uomini a camminare sulla Luna.

L’astronauta Michael Collins, però, ricordando quella missione storica non ha mai avuto rimpianti: ”sono onorato di aver avuto quel posto. Non mi sono sentito solo e abbandonato, ma parte di ciò che accadeva sulla superficie lunare. I posti erano tre, quindi la mia presenza era necessaria come quella degli altri due”, aveva detto in un’intervista alcuni anni fa.

Morto a 90 anni vicino alla sua famiglia, Collins è il secondo astronauta della missione Apollo 11 ad andarsene, dopo Armstrong. Resta soltanto Aldrin, il secondo uomo ad avere camminato sulla Luna, con i suoi 91 anni e le cravatte decorate con stelle e pianeti.

Nato a Roma il 31 ottobre 1930 in quanto suo padre era addetto militare all’Ambasciata, Collins si era laureato ad Havard e aveva iniziato la carriera come pilota sperimentale dell’Aviazione americana. Era stato selezionato dalla Nasa nel 1963, nel terzo corpo astronauti dell’agenzia spaziale americana.

Nemmeno tre anni più tardi, nel luglio 1966, aveva affrontato il primo volo con la Gemini 10, nella quale era diventato il primo americano protagonista di due passeggiate spaziali. La sua seconda e ultima volta nello spazio era stata la missione Apollo 11, della quale aveva ideato lo stemma e nella quale era stato il primo uomo a restare da solo in orbita intorno alla Luna.

Era la Terra a fargli compagnia: raccontava: “La cosa che ricordo di più è l’immagine della Terra vista da lontano, piccola, molto luminosa, blu e bianca. Splendente, bella, serena e fragile”. Appena un anno dopo quella missione storica Collins lasciava la Nasa e ripensando ai primati della sua carriera diceva: “La fortuna ha governato il 90% della mia vita. Sono arrivato al momento giusto, sono sopravvissuto a una carriera pericolosa e ho trovato il successo, scrivete ‘fortunato’ sulla mia lapide”.

Nel 1970 aveva lavorato nel Dipartimento di Stato americano e dal 1971 al 1978 era stato il primo direttore del Museo Nazionale dell’Aeronauta e dello Spazio, uno dei più importanti del mondo per la storia dell’aeronautica e dell’astronautica, dove è possibile vedere l’aereo dei fratelli Wright e il modulo di comando Columbia dell’Apollo 11. In seguito ha lavorato nell’industria privata e ha scritto molti libri sullo spazio.

Malato da tempo, è morto vicino alla sua famiglia. “Ha passato i suoi ultimi giorni in pace, con i suoi congiunti al fianco”, hanno scritto i familiari. “Mike ha sempre affrontato le sfide della vita con grazia e umiltà, e ha affrontato allo stesso modo quest’ultima sfida”.

La Nasa ha scelto di ricordarlo con una delle sue frasi più incisive: “L’esplorazione non è una scelta, è un imperativo” e “l’unica cosa che meriti di essere ricordata è quale tipo di civiltà abbiamo creato noi Terrestri e se ci siamo avventurati o meno in altre parti della galassia”.

(di Enrica Battifoglia/ANSA)