Reddito di cittadinanza: sussidio anche a mafia, 76 denunciati

Ufficio Stampa del Comanda provinciale Carabinieri di Catania.
Ufficio Stampa del Comanda provinciale Carabinieri di Catania.

CATANIA. – C’è il boss che rinnegò il figlio ‘pentito’, ma anche il proprietario di una casa in cui si tenne un summit di Cosa nostra, la sorella di una storica ‘famiglia’ mafiosa di Paternò e il familiare di un autore di un omicidio di mafia. Ci sono nomi ‘illustri’ del gotha della criminalità organizzata etnea nella lista delle 76 persone denunciate dai carabinieri di Catania per indebita percezione del Reddito di cittadinanza.

Nei loro confronti la Procura distrettuale ha emesso un decreto di sequestro preventivo delle rispettive carte di reddito di cittadinanza e ha segnalato la truffa all’Inps, stimando il danno erariale, commesso tra l’aprile del 2019 e il marzo scorso, in oltre 600mila euro. Per evitare che gli indagati potessero incassare anche il beneficio maturato ad aprile, la Procura ha fatto eseguire il provvedimento il giorno prima del pagamento della spettanza.

Da indagini del reparto operativo del comando provinciale di Catania, diretto dal colonello Piercamine Sica, e del locale Nucleo ispettorato del lavoro dell’Arma è emerso che usufruivano del beneficio, illegalmente, venticinque persone già condannate per mafia, mentre altre 51, comprese 46 donne, hanno omesso di comunicare che nel nucleo familiare avevano un congiunto condannato definitivamente per associazione mafiosa.

Tra i 25 denunciati, esponenti di spicco di clan locali, come Vincenzo Rosano, della cosca Santangelo-Taccuni di Adrano, boss che ha rinnegato il figlio dopo che aveva avviato la collaborazione con la giustizia. Contro il suo ‘pentimento’ in paese furono affissi dei necrologi che ne annunciavano il decesso e i funerali, con l’indirizzo di casa che in realtà era quello del commissariato.

C’è anche Antonio Botta proprietario della casa dove nel 2009 si tenne un summit mafioso presieduto dall’allora reggente di Cosa Nostra catanese, Santo La Cusa, allora superlatitante, interrotto dall’irruzione dei militari del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Catania. Tra i ‘furbetti’ figura pure Nicoletta Assinata, sorella del capomafia Salvatore e moglie di Francesco Amantea, legato alla ‘famiglia’ Santapaola.

A quest’ultima cosca è legato anche Rosario Tripoto indicato come ‘uomo d’onore’ di Cosa nostra e il familiare dell’autore di un efferato omicidio di mafia commesso nel 1999. Il maggior numero di denunciati, circa 50 sono, sono legati alla ‘famiglia’ Santapaola, clan egemone di Cosa nostra a Catania. Ma ci sono anche esponenti apicali e sodali delle cosce Mazzei, Cappello, Laudani, Pillera e dei Cursoti Milanesi.

(di Mimmo Trovato/ANSA)

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