Draghi lancia la sfida Recovery, regia a Palazzo Chigi

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, incontra le parti sociali per un confronto sul Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, incontra le parti sociali per un confronto sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. (Ufficio Stampa e Comunicazioni della Presidenza del Consiglio)

ROMA. – “Il governo vuole vincere questa sfida”. Mario Draghi porta in Consiglio dei ministri il suo Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un documento monstre, di più di 300 pagine, per cogliere l’opportunità “imperdibile” di innescare una “crescita duratura e sostenibile” con i 191,5 miliardi di fondi di Next generation Eu.

Un Paese “fragile” e indebolito dalla pandemia può diventare “più moderno”, con meno povertà e diseguaglianze, un divario più ridotto tra Nord e Sud, giovani e donne non più penalizzati nel lavoro. Gli obiettivi sono ambiziosi: la spinta stimata alla crescita è del 3,6% nel 2026.

Per non mancare la meta, per evitare che i fondi vengano sprecati, Draghi decide di tenere la regia politica a Palazzo Chigi, con un comitato che dovrebbe coinvolgere i ministri competenti: coordinamento e attuazione del piano saranno gestite dal ministero dell’Economia, anche con task force locali.

Ma è forse il più complicato, l’ultimo miglio che il premier deve percorrere prima dell’invio del piano all’Europa, il 30 aprile. Perché i partiti hanno le armi affilate, la discussione promette di essere puntigliosa in Consiglio dei ministri. Il Cdm che era previsto in giornata, slitta alle 10 di sabato: nessuna ragione politica, spiegano da Palazzo Chigi, ma la necessità di completare le rifiniture del piano.

Intanto però la bozza del Pnrr inizia a circolare e far emergere, agli occhi, dei partiti della maggioranza, alcune criticità. Su tutte c’è la mancata proroga al 2023 del Superbonus caro al M5s, ma chiesto anche da Confindustria. Ma dalla Rete unica alle pensioni (con la fine di quota 100), fino alla composizione della cabina di regia, la vigilia del Cdm vede ancora alcuni nodi sul tavolo.

La bozza prevede che il 40% delle risorse vadano al Sud, il 38% a progetti “Verdi” e il 25% a progetti digitali. Il piano è composto da 6 missioni e 4 riforme della Pubblica amministrazione, della giustizia, per la concorrenza e le semplificazioni.

Dopo l’invio del piano in Europa il governo si appresta a varare tre decreti e leggi delega come quella prevista a luglio per la concorrenza. Un decreto servirà a snellire le norme (con la nascita di un apposito ufficio a Palazzo Chigi), con misure come una speciale “VIA statale” per rendere più rapide le autorizzazioni del Pnrr. Il secondo decreto servirà per le assunzioni nella P.a. che rafforzeranno l’attuazione del Recovery. E il terzo per definire la governance del piano: la cabina di regia a Palazzo Chigi (con rafforzamento degli uffici della presidenza del Consiglio) dovrebbe coinvolgere le amministrazioni coinvolte, gli enti locali, le parti sociali.

Ma le modalità sono tutte da definire, in particolare per quel comitato ristretto del premier e i ministri cui dovrebbe spettare la supervisione politica: ne faranno parte solo i ministri (per lo più tecnici) responsabili delle missioni o quelli di volta in volta competenti? Ai partiti potrebbe non bastare: c’è chi vorrebbe una sorta di capi delegazione.

Per l’attuazione, che i cittadini potranno monitorare attraverso un “Portale Pnrr”, la parte del leone la farà il ministero dell’Economia, che dovrà coordinare i soggetti locali e dialogare con Bruxelles, che chiede rendiconti puntuali. Le Camere – alle quali Draghi illustrerà il piano lunedì e martedì – saranno coinvolte con resoconti periodici. Il grosso del piano è definito e difficilmente cambierà.

Ci sono – tra le numerose misure – 6,7 miliardi per le rinnovabili, internet veloce a 8 milioni di famiglie e 9mila scuole, 25 miliardi per la rete ferroviaria veloce, 228mila nuovi posti negli asili. Ma ci sono anche alcuni temi politicamente sensibili . Sparisce dal piano (ma resta finanziato e dunque per ora in vigore) il cashback. A fine 2021 scadrà anche quota 100, cara alla Lega, e sarà sostituita da misure pensionistiche per chi svolga lavori usuranti.

Non c’è la proroga al 2023 per il Superbonus: l’agevolazione al 110% per le ristrutturazioni edilizie viene confermata com’è oggi, fino al 2022, i fondi non crescono. Ma il punto è delicato, perché il M5s ne ha sempre fatto una bandiera: è pronto a smarcarsi e non votare il piano? Alla vigilia i pentastellati dicono di voler vedere prima il testo finale.

Il Pd chiede chiarimenti sulla Rete unica e il cloud pubblico ed Enrico Letta chiede di introdurre nel piano una condizionalità su donne e giovani, che vincoli a determinati target per ottenere i fondi. Forza Italia tiene le antenne dritte sul Sud: siano reali il 40% delle risorse. La Lega si dice soddisfatta per i fondi ai Comuni (circa 40 miliardi), i 4,5 miliardi per gli asili e le famiglie, i fondi per ammodernare i treni e per l’innovazione tecnologica. Tutti attendono il fischio d’inizio in Cdm.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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