Draghi: “Ristrutturare la Sanità”. Nel Recovery oltre 20 miliardi

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, incontra le parti sociali per un confronto sul Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, incontra le parti sociali per un confronto sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. (Ufficio Stampa e della Comunicazione Presidenza del Consiglio)

ROMA. – Ci saranno almeno diciannove miliardi nel Recovery plan per la sanità, ma si lavora per aumentare la cifra anche oltre i venticinque. Parte da qui la “ristrutturazione” del sistema sanitario italiano, destinata a rafforzare la medicina territoriale.

E’ il presidente del Consiglio Mario Draghi, senza entrare nello specifico, a indicare l’obiettivo. Perché è vero che grazie ai vaccini possiamo lasciarci alle spalle “la parte peggiore della pandemia”, ma “non sappiamo” quanto durerà il Covid o “quando ci colpirà” la prossima epidemia. Perciò, sottolinea il premier, è il momento di “sostenere la ricerca e rafforzare le catene di approvvigionamento” a partire da quelle dei vaccini e anche rilanciare sistemi sanitari che si sono rivelati troppo “fragili”.

Draghi parla in un confronto con rappresentanti della società civile, in vista del Global Health Summit che sarà ospitato dall’Italia il 21 maggio e dovrebbe concludersi con una “dichiarazione di Roma” con principi per rafforzare la risposta alle crisi sanitarie perché questa volta “non eravamo pronti”: i “piani di emergenza erano datati e inefficaci”.

La ristrutturazione del sistema sanitario italiano, intanto, partirà dal Piano nazionale di rilancio e resilienza, che tra giovedì e venerdì dovrebbe approdare sul tavolo del Consiglio dei ministri: per la sola assistenza domiciliare la spinta dovrebbe portare l’Italia a una media del 10% contro il 6% dell’Ue. Nuovi fondi per tamponare l’emergenza e ridurre la montagna di arretrati nelle prestazioni sanitarie non-Covid dovrebbero poi essere stanziati – assicura Draghi alla delegazione di Leu vista in mattinata – con il decreto imprese la prossima settimana.

Ma per il futuro servirà di più. Lo ha ripetuto a più riprese nei mesi scorsi il ministro Roberto Speranza, che con Draghi trova forte sintonia sul progetto della medicina sul territorio e ha ipotizzato un piano da 60 miliardi per il Servizio sanitario nazionale nei prossimi sei anni.

Dove trovarli? “Bisogna prendere il Mes”, torna a chiedere il leader di Iv Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio ora è concentrato nella chiusura della versione finale del Pnrr, documento cruciale per programmare la spesa di 191,5 miliardi di fondi del Recovery più altri 15 miliardi di altri fondi europei (il fondo da 30 miliardi per le infrastrutture extra Recovery sarà strutturato in un secondo momento).

I ministri svelano qualche tassello: Giancarlo Giorgetti parla del rafforzamento del capitolo dell’attrazione dei capitali esteri, Andrea Orlando della parità di genere, Mara Carfagna del Sud, che avrà il 40% dei fondi. Ma è l’attuazione – spiega Draghi – la fase più delicata, che richiede una “mobilitazione collettiva” dell’Italia. Bisogna evitare sprechi e ritardi del passato per rispettare il cronoprogramma e non perdere i fondi europei.

Ecco perché ai sindacati e alle imprese che incontra in giornata Draghi illustra tre “pilastri”: “la semplificazione, di norme e dei tempi politici”, con la previsione di “poteri sostitutivi” (probabilmente del Cdm) per le opere inattuate; le riforme, a partire da pubblica amministrazione e giustizia civile; trasparenza.

Il Recovery “diventa inattuabile”, sottolinea il premier, “se non è comunicato, disegnato, digitalizzato: i progetti e il cronoprogramma saranno su una piattaforma digitale, monitorabile da parte di tutti”, annuncia. Le parti sociali al presidente del Consiglio chiedono di indicare l’impatto, anche occupazionale, dei diversi progetti. E chiedono, soprattutto, di avere voce in capitolo, così come gli enti locali. Il premier e il ministro dell’Economia Daniele Franco assicurano che così sarà.

La governance del piano, spiega Draghi alla delegazione di Leu che lo sollecita sul tema in mattinata, è ancora in via di definizione: se ne parlerà in Consiglio dei ministri ma probabilemente sarà approvata in un secondo momento. Sarebbe già definito il coinvolgimento degli enti territoriali e la guida del ministero dell’Economia nell’attuazione.

Quanto alla cabina di regia di Palazzo Chigi, resta il nodo della sua composizione. Tutti i ministri vogliono esserci: non è detto perciò che passi il modello Cipe finora ipotizzato, con presenze a geometria variabile dei ministri competenti per materia, al fianco di Draghi.

I partiti spingono per il modello delle riunioni dei capidelegazoine. E’ probabile che anche in questo caso la dialettica tra i ministri si faccia animata. E’ una dialettica che, dice Leu al premier, andrebbe moderata: basta con certi attacchi della Lega, bisogna stabilire come si sta in maggioranza. E Draghi? Sul tema, raccontano, si è mostrato sensibile.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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