Minneapolis in fiamme, cadono le prime teste

Proteste a Minneapolis dopo l'uccisione di un ragazzo nero da parte della polizia.
Proteste a Minneapolis dopo l'uccisione di un ragazzo nero da parte della polizia. (ANSA)

WASHINGTON. – Un alberello profumato appeso allo specchietto retrovisore. Se è vero quel che racconta la madre del 20enne ucciso a Minneapolis dalla polizia, questo il motivo per cui Daunte Wright è stato fatto scendere dall’auto, andando incontro al suo destino. La versione è quella data dallo stesso ragazzo nell’ultima chiamata fatta alla donna, pochi istanti prima di morire.

“Mi ha detto che lo avevano fermato per quel deodorante attaccato allo specchietto, ho sentito paura nella sua voce, era terrorizzato dalla polizia”, afferma Katie Wright tra le lacrime.

“Non posso accettare la motivazione dell’errore”, aggiunge, riferendosi alla tesi della polizia secondo cui la pistola che ha esploso il colpo fatale è stata clamorosamente scambiata per un taser.

Secondo il medico legale che ha compiuto l’autopsia sul corpo della vittima non ci sono dubbi: è stato un omicidio. Intenzionale o colposo saranno investigatori e giudici a stabilirlo.

“L’agente che ha sparato deve pagare per le sue responsabilità”, ripete Katie. E quell’agente è anche lei una donna che, rompendo il silenzio, ha comunicato le dimissioni con effetto immediato, così come il capo del suo dipartimento, Tim Gannon.

La poliziotta si chiama Kim Potter ed è una veterana, da oltre 26 anni in servizio nel dipartimento di polizia di Brooklyn Center, il sobborgo di Minneapolis dove è accaduta la tragedia. Potter era in congedo amministrativo in attesa delle decisioni delle autorità.

“Mentre attendiamo i risultati dell’indagine sappiamo cosa dobbiamo fare per andare avanti: riportare fiducia e assicurare le responsabilità affinché nessuno sia al di sopra della legge”, è intanto il monito del presidente americano Joe Biden, che poche ore prima aveva lanciato un appello alla calma dopo le scene di guerriglia urbana che hanno sconvolto il capoluogo del Minnesota.

E, nonostante il coprifuoco, la città è diventata per la seconda notte consecutiva un campo di battaglia, teatro di scontri con lanci di pietre e bottiglie contro gli agenti che hanno sparato gas lacrimogeni e proiettili di gomma sulla folla.

Momenti di tensione quando decine di manifestanti hanno nuovamente circondato il dipartimento di polizia di Brooklyn Center, protetto da barriere e recinzioni dopo la prima notte di violenze. E anche sulla risposta alle proteste da parte degli agenti in tenuta antisommossa è polemica, visto che nelle ultime ore le autorità cittadine avevano varato un’ordinanza vietando l’uso proprio di gas lacrimogeni e proiettili. Divieto non rispettato.

Decine, almeno 50, le persone fermate e arrestate, mentre le misure di sicurezza vengono ulteriormente rafforzate per il timore di ulteriori scontri, soprattutto in vista delle battute finali del processo Floyd. I soldati della Guardia nazionale sono pronti ad essere dispiegati in caso di necessità.

Intanto la protesta per i fatti di Minneapolis dilaga in tutta l’America. Da New York a Washington, da Seattle a Los Angeles, tantissimi attivisti e non del movimento Black Lives Matter sono scesi in strada per chiedere giustizia.

La situazione più critica si è verificata a Portland, in Oregon, dove alcuni gruppi di militanti di Antifa si sono scontrati con la polizia e hanno tentato di assaltare diversi edifici governativi.

(di Ugo Caltagirone/ANSA).