Tensione Italia-Turchia, Erdogan evita l’escalation

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan annuncia la scoperta di riserve di gas naturale piú grande della storia durante una conferenza stampa ad Istanbul, Turchia,
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan annuncia la scoperta di riserve di gas naturale piú grande della storia durante una conferenza stampa ad Istanbul, Turchia, EPA/Ufficio Stampa presidenza Turchia

ISTANBUL. – Il giorno dopo le parole di Mario Draghi, che commentando il sofagate al palazzo presidenziale di Ankara l’ha definito un “dittatore”, Recep Tayyip Erdogan resta in silenzio.

La reazione rimane quella immediata e indignata dell’apparato diplomatico – con la convocazione ieri a tarda sera al ministero degli Esteri dell’ambasciatore italiano in Turchia, Massimo Gaiani – e della folta pattuglia di suoi scudieri nel governo e nel partito.

“Se Draghi vuole vedere cosa sia una dittatura, deve guardare alla storia recente” del suo Paese “e lo vedrà molto chiaramente”, ha rincarato oggi il vicepresidente turco Fuat Oktay, la voce istituzionalmente più importante a tornare sulla vicenda. Eppure, almeno per ora, Ankara sembra aver puntato su un abbassamento del livello dello scontro.

Il passo indietro chiesto con forza al nostro ambasciatore dal viceministro degli Esteri, Faruk Kaymakci, non c’è stato. Ma il plotone degli agguerriti media filo-governativi di Ankara ha sparato a salve e le vivaci proteste social – la più diffusa con l’hashtag “non potete fermare Erdogan”, condiviso anche dal responsabile della comunicazione presidenziale – si sono perse presto nella rete.

E nella sua unica uscita pubblica di giornata, all’inaugurazione di un museo a Istanbul, Erdogan non ha fatto cenno al caso. Dietro le quinte, la diplomazia rimane all’erta. Ma con il passare delle ore, le possibilità che le polemiche finiscano per sgonfiarsi cresce.

A Roma, intanto, fonti di maggioranza interpretano le parole di Draghi come frutto del suo modo di esprimersi “schietto”. Uno stile comunicativo che si inquadra peraltro nel nuovo “asse semantico” tracciato dalla Casa Bianca nei rapporti con alcuni Paesi dell’area. Del resto, lo stesso Joe Biden – che prima di diventare presidente definì Erdogan “un autocrate” – non ha risparmiato toni duri nei confronti di Ankara nel suo intervento all’ultimo Consiglio europeo.

Nessun dietrofront, dunque. Ma le parole del premier, sottolineano le fonti, non indicano un cambio di rotta con la Turchia, che resta un interlocutore strategico su molte sfide geopolitiche, dalla gestione dei flussi migratori alle tensioni in Medio Oriente e Libia.

Le frasi di Draghi sono inevitabilmente rimbalzate anche in Europa, dove prevale però la prudenza. “La Turchia è un Paese che ha un parlamento eletto e un presidente eletto, verso il quale nutriamo una serie di preoccupazioni, che riguardano la libertà di espressione, i diritti fondamentali, il sistema giudiziario, e con il quale cooperiamo in molti settori. Si tratta di un quadro complesso, ma non spetta all’Ue qualificare un sistema o una persona”, ha commentato la Commissione, ancora alla prese con il chiarimento per il sofagate che tarda ad arrivare tra Ursula von der Leyen e Charles Michel.

Silenzio anche dalle principali cancellerie d’Europa. “Non commentiamo affermazioni di capi di Stato e di governo”, spiega da Berlino la portavoce di Angela Merkel.

Le parole del premier italiano danno invece fiato ai critici più accesi di Ankara. “Draghi ha ragione, sotto la guida del presidente Erdogan la Turchia si è allontanata dallo stato di diritto, dalla democrazia e dalle libertà fondamentali nell’ultimo decennio”, incalza il presidente del Ppe, Manfred Weber, secondo cui la Turchia “non è un Paese libero per tutti i suoi cittadini”.

E anche in Italia non manca il sostegno al premier, dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni (“parole ferme e chiare”), al coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani (“che non siano rispettati certi diritti in Turchia è naturale e lo dicono tutti”), passando per Lia Quartapelle, capogruppo Pd in commissione Esteri della Camera (“Draghi ha detto come stanno le cose”) e Più Europa, che respinge le lezioni turche di democrazia.

Naturalmente d’accordo con il presidente del Consiglio anche la Lega di Matteo Salvini, che però oggi ha rinviato un presidio davanti all’ambasciata turca a Roma. Ufficialmente “per motivi organizzativi”, ma c’è chi interpreta la decisione come una mossa per non esacerbare la situazione.

(di Cristoforo Spinella/ANSA).

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