Draghi: “Ora basta saltare le file. Riaprire ma in sicurezza”

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi in conferenza stampa presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio.
Il Presidente del Consiglio Mario Draghi in conferenza stampa presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio. (Ufficio Stampa e Comunicazione della Presidenza del Consiglio)

ROMA. – “Con che coscienza la gente salta la fila?”. La mette giù dura, Mario Draghi. Perché, si stupisce, un 35enne non può pensare di rubare la dose di vaccino a chi dal Covid rischia di essere ucciso, le persone fragili o over 75. Ad aprile, assicura, si potranno vaccinare tutti gli ultraottantenni e gran parte dei settantenni: l’obiettivo di 500mila dosi al giorno è ancora alla portata.

Le Regioni virtuose, quelle che non permetteranno più di saltare la fila e metteranno al riparo i fragili, potranno aprire prima. C’è la volontà, assicura il presidente del Consiglio, “mia e del governo” di far sì che “le prossime settimane siano di aperture e non di chiusure”.

Una data precisa ancora manca, difficile dire se si inizierà ad allentare la morsa da semi-lockdown a fine aprile o dopo il 2 giugno, ma l’obiettivo è quello: dal turismo, alle fiere, bisogna iniziare a programmare. Nel frattempo, annuncia il premier, arriverà una nuova iniezione di aiuti all’economia, con uno scostamento di bilancio e un nuovo decreto Sostegni che varrà più del precedente: oltre 32 miliardi.

“Riaprire in sicurezza”, questa la linea di Draghi, che annuncia una direttiva del generale Figliuolo per uniformare in tutto il Paese i criteri di vaccinazione dei più anziani e più fragili. Con al fianco il coordinatore del Cts Franco Locatelli, il premier rassicura su Astrazeneca: “Sono straordinariamente rare” le trombosi e chi vuole, anche sotto i 60 anni, può fare quel vaccino.

Il crollo di fiducia tra i cittadini, osserva il premier, è minore di quanto ci si potesse aspettare. Fuori però c’è un Paese depresso e impaziente di ripartire. Non ignora, il presidente del Consiglio, che negli ultimi giorni sono sfociate in violenza le proteste di chi chiedeva di rialzare le saracinesche. “Naturalmente condanno la violenza”, premette.

Ma aggiunge che è “normale” chiedere di riaprire: “E’ la migliore forma di sostegno all’economia, ne sono consapevole e capisco la disperazione e l’alienazione di chi protesta”. Quale l’orizzonte? Almeno “un mese di presenza” in classe prima della fine dell’anno. La programmazione di fiere ed eventi da maggio all’autunno.

E il turismo, con l’obiettivo di portare in Italia i turisti americani ed europei che abbiano il passaporto vaccinale: bisogna farlo, spiega, imparando dall’esperienza delle isole greche o della Spagna, senza farsi bloccare da dubbi legittimi come quelli di discriminazione verso i cittadini non vaccinati.

Draghi arriva in conferenza stampa dopo aver visto in mattinata Pier Luigi Bersani, che gli chiede di “aggiustare il percorso” e mettere ordine in una maggioranza ogni giorno più litigiosa. Gli attacchi di Matteo Salvini a Roberto Speranza? “Ho detto a Salvini che di Speranza ho molta stima, l’ho voluto nel governo”, svela Draghi dopo aver parlato nel pomeriggio con il leader della Lega, che continua a suonare la grancassa delle riaperture.

Poi il confronto con i presidenti di Regione e i rappresentanti dell’Anci, per parlare del Recovery plan (arriverà il 30 aprile) e provare a smussare rapporti non sempre facili. Alla fine, il premier si mostra “ottimista” sulla collaborazione: “Non esistono Regioni o Stato, esistiamo noi”, dice il premier.

E nell’elencare le colpe dei ritardi della campagna vaccinale cita i contratti fatti male, le esportazioni non bloccate quando si doveva e le defaillance di chi, come AstraZeneca, si è “venduto due o tre volte le stesse dosi”.

Certo, aggiunge, permettere a uno psicologo di 35 anni di vaccinarsi prima di un ottantenne è stato un errore. Ma niente attribuzioni di colpe specifiche alle Regioni. Anzi, l’incentivo a fare meglio, studiando un criterio che incorpori la direttiva Figliuolo tra i parametri per le riaperture e dunque permetta di allentare le restrizioni prima ai governatori che abbiano vaccinato gli anziani. Perché non conta la percentuale di popolazione vaccinata, ma quella delle persone fragili.

Al ministro leghista Massimo Garavaglia che chiede di indicare il 2 giugno come data per riaprire tutto, il premier chiede di lavorare fin d’ora su turismo, eventi, fiere. Programmare è la parola chiave per un Paese che dovrà continuare a vaccinarsi anche nei prossimi anni per contrastare le varianti Covid. Dunque, bisogna organizzare la produzione di vaccini e non si può escludere lo Sputnik – che non è regolato da contratti Ue e su cui dunque si può contrattare in autonomia – se in grado di frenare quelle varianti.

E ancora, con il Recovery plan bisognerà “cambiare tutto per diventare credibili”, a partire dagli investimenti. Mentre il prossimo decreto Sostegni dovrà dare fiato all’economia con un’iniezione di ben oltre i trenta miliardi (50 miliardi, chiede Salvini). E si dovranno proteggere le aziende italiane anche con un rafforzamento del golden power.

C’è spazio anche per la politica estera, nella conferenza stampa del premier, che attacca con durezza Erdogan e prende le distanze dai centri di detenzione dove vengono rinchiusi i migranti in Libia. Ma la prima missione che il presidente del Consiglio si dà è iniettare “fiducia” nel Paese. “Riaprire, in sicurezza”: già prima della fine di aprile si valuterà se farlo. E se non basterà una delibera del Cdm, spiega il premier raccogliendo una critica, potrà essere fatto anche con decreto.

(di Serenella Mattera/ANSA)