Governo, la maggioranza si spacca sul ‘genocidio’ degli uiguri

Uiguri, i mussulmani cinesi dello Xinjiang.
Uiguri, i mussulmani cinesi dello Xinjiang. Archivio.

ROMA. – Genocidio o ‘solo’ gravi e persistenti violazioni dei diritti umani: la maggioranza di governo si divide sulla definizione della repressione degli uiguri nello Xinjiang. In commissione Esteri della Camera si sta infatti consumando uno scontro politico fra la Lega, promotrice di una risoluzione in cui si parla esplicitamente di violazioni della Convenzione sul genocidio, e altre tre anime dell’esecutivo – M5s, Pd e Italia Viva -, secondo cui è invece inopportuno fare ricorso a quella definizione.

Nella seduta di ieri della commissione è saltato il voto previsto sulle due risoluzioni, quella firmata da Andrea Delmastro Delle Vedove, di Fratelli d’Italia, e quella del leghista Paolo Formentini. Pd e M5s hanno infatti annunciato che presenteranno ciascuno un proprio testo.

“Da prassi, si farà la discussione congiunta delle risoluzioni la settimana prossima, credo martedì – dice Formentini all’ANSA -. La Lega auspica che non sia un modo per prendere altro tempo. Il Parlamento italiano abbia il coraggio di parlare di genocidio, come fatto anche da Stati Uniti, Canada e Olanda. Va fatta una scelta di campo fra Usa e Cina”.

L’accusa di “genocidio” della minoranza islamica di origine turca è stato l’ultimo schiaffo di Donald Trump a Pechino, ribadita dall’amministrazione Biden negli stessi giorni in cui in Olanda e Canada i parlamenti approvavano mozioni di pari tenore. Sullo sfondo ha preso forma una campagna di sanzioni coordinata fra Usa, Canada, Gran Bretagna e Ue contro la Cina, che invece liquida come “bugie” tutte le accuse. Anche quelle dei grandi marchi di abbigliamento che boicottano il suo cotone, prodotto all’84% nello Xinjiang dal lavoro forzato degli uiguri.

L’Italia nel 2019 non era fra i 23 Paesi che hanno scritto all’Onu per chiedere la chiusura dei campi di ‘rieducazione’, circa 380 con un milione di uiguri internati. Ora il tema è in commissione Esteri, dove ieri la deputata Pd Lia Quartapelle ha sostenuto che “è improprio l’uso del termine ‘genocidio’: dal punto di vista del diritto internazionale, comporta serie conseguenze”, incluso “l’obbligo di un intervento armato”, quindi “rischia, paradossalmente, di privare la risoluzione della necessaria incisività, riducendola ad una mera enunciazione di principio”.

Sarebbe “una forzatura” anche per Iolanda Di Stasio del M5s. In attesa delle proposte di risoluzioni di Pd e M5s, il presidente della commissione, Piero Fassino, ha sottolineato che rinunciare al riferimento al genocidio “potrebbe consentire l’approvazione unanime di una risoluzione, senza impedire a ciascuna forza politica di continuare a sostenere, in altri contesti, l’esistenza di pratiche genocidiarie a danno della minoranza uigura”.

(di Paolo Cappelleri/ANSA)

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