New York alza le tasse, una stangata per i super ricchi

Andrew Cuomo, governatore di New York.
Andrew Cuomo, governatore di New York.

NEW YORK.  – Stangata in arrivo per i super ricchi di New York. Lo stato ha approvato un aumento delle tasse per chi guadagna oltre un milione di dollari l’anno, introducendo anche due nuove aliquote per colpire chi ha redditi superiori ai cinque e ai 25 milioni.

Una vera batosta per i paperoni che risiedono nella Grande Mela: sommando alle tasse statali quelle da pagare alla città si  troveranno alle prese con l’aliquota fra il 13,5% e il 14,8%, la più alta d’America.

Se poi si conteggiano anche le tasse federali, secondo i calcoli di alcuni esperti, il tasso marginale schizza fino al 51,8%, più alto di quello dei paesi europei a maggior tassazione.

Un conto salato che rischia di innescare una fuga dalla città che per anni si è vantata di essere la capitale della ricchezza mondiale, dell’ambizione e del successo. Titoli prestigiosi ai quali la pandemia sta dando un duro colpo, soprattutto in termini di ricchezza.

New York infatti non è più la capitale mondiale dei miliardari: nell’ultimo anno – secondo Forbes – è stata superata da Pechino, che conta 100 super ricchi grazie ai 33 miliardari “guadagnati” nel 2020. La Grande Mela invece ne ha aggiunti sono sette, per un totale di 99.

Il grande sorpasso cinese, secondo alcuni osservatori, rischia di essere solo l’inizio. L’inasprimento della pressione fiscale potrebbe infatti innescare una fuga dalla città stile anni-1970, quando molti paperoni scelsero la Florida e le sue basse tasse.

La tentazione per i milionari è indubbiamente forte: le ferite del Covid sono evidenti in una New York privata delle luci di Broadway, della moda e dei suoi bar. Senza contare gli uffici chiusi e il grande interrogativo sulla loro riapertura.

La Florida guarda da lontano e dietro le quinte ha già lanciato la sua offensiva: oltre alle aliquote basse e alle migliori condizioni meteo, lo stato sta corteggiando banche, aziende e multinazionali per convincerle a trasferirsi o almeno spostare parte degli uffici.

Il sindaco di Miami punta a trasformare la città in un hub tecnologico e delle criptovalute, cercando di replicare il successo della Silicon Valley. Neo della Florida, secondo molti newyorkesi, è però l’assenza di vita culturale e soprattutto il fatto di essere uno stato repubblicano, dove fra l’altro risiede uno dei “newyorkesi più odiati”, l’ex presidente Donald Trump.

E così sono salite di recente le quotazioni del Texas: a piacere è la liberal Austin, città universitaria scelta anche da Elon Musk, il patron di Tesla, che l’ha preferita alla California.

Intravedere al momento un ritorno alla normalità a New York, o quantomeno a un nuovo normale tutto da definire, non è facile anche per motivi politici. Se da un lato si avvicinano le elezioni per sostituire Bill de Blasio a sindaco della città, dall’altra parte c’è la crisi di Andrew Cuomo.

Il governatore è l’autore dell’aumento delle tasse nell’ambito di una manovra di bilancio da 212 miliardi di dollari che prevede anche la legalizzazione delle scommesse online. Un aumento al quale si è opposto per anni ma che ora, indebolito dallo scandalo degli abusi sessuali, è stato costretto a ingoiare ignorando gli appelli della comunità finanziaria.

Un volta faccia che preoccupa per le sue conseguenze sullo stato e sulla città, che senza azione rischiano – come descritto dalla prima pagina del New York Post – un “futuro devastante”.

(di Serena Di Ronza/ANSA).

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