Covid: con smart working rischio stress aumenta

Una donna al lavoro in casa.
Una donna al lavoro in casa. (ANSA)

ROMA. – Quella che con il lavoro ‘smart’ le giornate di lavoro si sono allungate non è solo una sensazione. Diverse ricerche, l’ultima delle quali pubblicata da Gartner, hanno trovato che gli impiegati ‘ibridi’, che parrzialmente o totalmente lavorano da casa con conseguenti ‘interferenze’ familiari, si staccano due o tre ore dopo, e sono molto più a rischio stress.

Secondo Gartner il 40% di chi lavora almeno parzialmente da casa fa orari più lunghi, e fatica a disconnettersi 1,27 volte più di chi invece è in ufficio. Le giornate di lavoro, spiega la ricerca riportata da Usa Today, sono appunto due o tre ore più lunghe rispetto a prima della pandemia, un arco di tempo ancora maggiore rispetto ai 48,5 minuti in media trovati qualche mese fa da uno studio dell’università di Harvard in 18 città nel mondo.

“Il tradizionale orario dalle 9 alle 5 non ha più senso oggi – afferma Alexia Cambon, l’autrice principale – perché siamo in un ecosistema in cui si lavora tutto il giorno da casa, e ci sono molte più interruzioni per motivi lavorativi o familiari. Dobbiamo mettere qualche confine perché questo non va bene per la salute mentale, visto che conciliare tutti gli aspetti è diventato più difficile”.

Proprio la distrazione è uno dei rischi principali che emergono dalla ricerca. Gli impiegati ‘ibridi’ hanno un rischio maggiore di 2,54 volte di distrarsi rispetto a chi lavora in ufficio. Inoltre lo studio segnala la cosiddetta ‘Zoom fatigue’, con i meeting virtuali che sono più stressanti di quelli ‘reali’. Infine c’è appunto l’allungamento delle giornate lavorative.

“Con il lavoro da remoto che ha sfumato i confini tra lavoro e vita personale – spiega la ricerca – i lavoratori non riescono a mettere confini, e molti restano connessi anche molto dopo la fine dell’orario teorico di lavoro”. Il tempo sempre maggiore passato davanti allo schermo pone anche dei problemi di sicurezza informatica.

Uno studio condotto da Kaspersky su un campione di 15.000 persone a livello globale, dice che il 16% degli italiani consente sempre ad app e servizi di accedere al microfono o alla webcam. Nonostante ciò, la consapevolezza generale in merito ai problemi di sicurezza legati alle webcam è alta: il 50% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di essere preoccupato che qualcuno possa spiarli attraverso la webcam. Inoltre, il 51% degli italiani teme che questo possa avvenire attraverso software malevoli.

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