ROMA. – Questa volta l’Europa fa sul serio. O almeno ci prova. E prende quasi al volo l’occasione del nuovo corso della Libia verso l’auspicata strada della stabilizzazione per tentare di parlare – e agire – con una voce sola.
Sono i ministri degli Esteri di Italia, Francia e Germania – Luigi Di Maio, Jean-Yves Le Drian, Heiko Maas – a concretizzare l’offensiva diplomatica con una comune missione a Tripoli per rappresentare il sostegno dell’Unione al governo di unità nazionale guidato dal neo premier Abdul Hamid Dbeibeh e auspicare un cambio di passo sui molti fronti della crisi, a partire dal ritiro di mercenari e forze straniere e dal rispetto dei diritti umani.
“La nostra presenza a Tripoli testimonia l’unità d’intenti dei Paesi Ue più impegnati per la stabilizzazione della Libia”, ha esordito Di Maio alla sua settima missione nel Paese in meno di due anni – l’ultima domenica scorsa, primo tra gli europei – sottolineando la volontà europea di “rimanere a fianco del popolo libico e a sostenerlo nel suo cammino verso la pace”.
E Maas ha spiegato: “Vogliamo dimostrare che noi europei siamo uniti e determinati al fianco della Libia”.
Da Bruxelles è arrivata la sponda dell’Alto Rappresentante per la política estera dell’Ue Josep Borrell che, al telefono con il premier Dbeibeh, ha detto di aver accolto “con favore gli sforzi” per “ripristinare l’unità nazionale” e spiegato che “l’Ue è pronta a intensificare la sua cooperazione con il nuovo governo”.
Un ulteriore segnale, in questo senso, è la riapertura lunedì dell’Ambasciata di Francia a Tripoli. La rappresentanza diplomatica italiana è invece totalmente attiva già da quattro anni.
I dossier, approfonditi con la ministra degli Esteri Najla al-Mangoush, ruotano attorno alla stabilizzazione del Paese di cui una delle chiavi di volta è “il ritiro di mercenari e milizie straniere presenti sul territorio, sul quale i ministri europei e l’interlocutrice libica hanno concordato. Ribadiamo la necessità della partenza dalla Libia di tutti i mercenari, e in maniera immediata”, ha detto senza giri di parole al-Mangoush.
Le ha fatto eco il capo della diplomazia francese Le Drian, secondo il quale la loro fuoriuscita “è essenziale perché lo Stato libico riaffermi la sua sovranità”. Sulla stessa lunghezza d’onda Di Maio, che ritiene prioritario il “ritiro di tutti i combattenti e mercenari stranieri dal Paese e l’avvio della Missione di Monitoraggio e Verifica del cessate il fuoco sotto egida Onu”.
L’altro tema centrale per garantire cessate il fuoco e pace è il controllo dell’embargo sulle armi. Il titolare della Farnesina ha dato la disponibilità “ad intensificare ulteriormente i nostri sforzi, a partire dall’avvio delle attività di formazione a favore della Guardia Costiera e dalla Marina libiche previste dal mandato della missione” europea Irini “cui partecipano operativamente anche Francia e Germania”.
Decisiva, per l’Italia, la questione migranti. E se Di Maio ha apprezzato “l’impegno delle autorità libiche nella lotta ai trafficanti di esseri umani”, ha anche puntualizzato di attendersi “il massimo sforzo per garantire il rispetto dei diritti umani fondamentali”.
D’altra parte, ha ricordato il ministro, il dossier libico è “fondamentale” per “la nostra sicurezza nazionale e per i nostri interessi geostrategici”. Una riconferma è la visita in Libia il 6 e 7 aprile del presidente del Consiglio Mario Draghi che ha messo in chiaro, nelle comunicazioni di ieri in Senato, come in quel Paese l’Italia “difende i propri interessi internazionali”.
(di Eloisa Gallinaro/ANSA)