Censis: aziende pronte a post Covid, operai pessimisti

Dipendenti indossano mascherine e guanti protettivi a prevenzione della diffusione del Covid-19, durante il turno di lavoro, presso lo stabilimento industriale di packaging farmaceutico Eurpack di Aprilia,
Dipendenti indossano mascherine e guanti protettivi a prevenzione della diffusione del Covid-19, durante il turno di lavoro, presso lo stabilimento industriale di packaging farmaceutico Eurpack di Aprilia, Roma. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

ROMA.  – Chi guida le imprese è ottimista, pronto ad aggredire il mercato dopo la fine del Covid. Chi lavora ai piani più bassi, invece, vede cupo l’orizzonte.

Se la pandemia non ha contribuito alla coesione sociale, si registrano aspettative ben diverse anche su quel che verrà dopo, secondo il quadro descritto dal quarto Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, un universo di servizi e benefit stimato in potenziali 53 miliardi di euro, se fosse esteso a tutto il settore privato.

L’indagine, realizzata con il contributo di Credem, Edison e Michelin, tasta il polso di un settore che in Italia già non era in forma smagliante prima dello tsunami del Covid. E racconta che ora l’87% delle imprese guarda con ottimismo alla ripresa dopo l’emergenza: voglia di fare, speranza e coesione interna sono infatti gli stati d’animo prevalenti tra i responsabili aziendali intervistati.

L’obiettivo dichiarato dalle aziende è provare a recuperare fatturato e quote di mercato (nel 76% dei casi) e affrontare la sfida della transizione digitale (36,2%).

Decisamente meno ottimiste sono le risposte dei lavoratori: 9,4 milioni sono preoccupati sul destino della propria occupazione, con varie sfumature che arrivano fino alla paura di perdere il posto, manifestata da 3 operai su 4.

Non a caso i sindacati premono per la proroga del blocco ai licenziamenti. “Sappiamo che non può essere sine die, ma chiediamo al Governo di farla quanto più lunga possibile: abbiamo perso mezzo milione di posti di lavoro”, ha ribadito il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, che rivendica “più contrattazioni e meno leggi”.

“È la volta giusta per dare risposte adeguate perché sul lavoro non ci sono colori politici e questo governo, senza congiunture filosofiche di partito, può sicuramente trovare una soluzione molto più completa sul lavoro”, il messaggio del leghista Claudio Durigon, sottosegretario all’Economia e alle finanze, che su questi temi viaggia sulla stessa lunghezza d’onda della deputata Pd Debora Serracchiani (“Ma sul resto siamo distantissimi”, ha precisato la presidente della commissione Lavoro pubblico e privato).

I due condividono tra l’altro anche l’importanza del welfare aziendale come strumento “per uscire dalle misure straordinarie”, per dirla con Serracchiani, nonché la necessità di guardare allo smart working in maniera diversa oltre l’emergenza, perché  “oggi è una formula condizionata all’abuso”. Qualche dubbio emerge anche dal report del Censis: secondo 4 su 10 di quanti lo praticano, il lavoro da casa genera nuove disuguaglianze e divisioni in azienda.

(di Paolo Cappelleri/ANSA).

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