Cold case ‘ndrangheta, risolto omicidio dopo 28 anni

Ufficio Stampa Nucleo Carabinieri di Vibo Valentia.
Ufficio Stampa Nucleo Carabinieri di Vibo Valentia.

VIBO VALENTIA. – Non hanno mai smesso di indagare, ma hanno dovuto attendere 28 anni per risolvere il caso di un omicidio compiuto nel vibonese. A dare un impulso decisivo alle indagini sul cold case sono state le parole dell’ex boss di Vibo Valentia adesso passato tra le fila dei collaboratori di giustizia, Andrea Mantella.

E così, stamani, i carabinieri del Ros di Catanzaro e del comando provinciale di Vibo Valentia hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare a carico di Salvatore e Rosario Lo Bianco, ritenuti responsabili, in concorso, dell’omicidio dell’imprenditore vibonese Filippo Piccione, avvenuto a Vibo, il 21 febbraio 1993.

Agli stessi sono state contestate le aggravanti di aver agito con premeditazione, nonché di aver agito al fine di agevolare l’attività della ‘ndrina Lo Bianco-Barba, attiva a Vibo Valentia. L’indagine, condotta dai carabinieri del Ros e del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Vibo Valentia e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, è nata da uno stralcio del procedimento “Rinascita-Scott”.

E’ agli atti di questo dibattimento che i pm hanno depositato anche il verbale dell’interrogatorio che Mantella ha reso ai magistrati della Dda di Catanzaro chiamando in causa i Lo Bianco-Barba. Secondo la ricostruzione degli investigatori, l’omicidio di Piccione sarebbe stato deciso dai vertici della cosca Lo Bianco che volevano vendicare la morte del loro congiunto Leoluca Lo Bianco, ucciso nelle campagne di Vibo Valentia il primo febbraio 1992.

I colpi di fucile sparati al suo indirizzo, secondo la ricostruzione dell’epoca, partirono da una proprietà di Filippo Piccione. Circostanza che avrebbe ingenerato nella cosca Lo Bianco il sospetto di un coinvolgimento dell’imprenditore costituendo, dunque, la causale dell’omicidio di Piccione.

Il pentito Mantella, l’8 giugno 2016, racconta ai magistrati di aver ricevuto la visita di Carmelo Lo Bianco “Sicarru” e del suo omonimo denominato “Piccinni” che volevano sondare il terreno per la commissione del delitto. Mantella spiega ai pm di essersi tirato fuori dalla storia perché doveva tornare a Vibo dalla fidanzata. Però aggiunge che, in sua presenza e davanti a Francesco Scrugli, i due esponenti anziani del clan avrebbero “incaricato il loro nipote Salvatore Lo Bianco detto ‘U Gniccu'”, fratello di Leoluca, la vittima del ’92.

Il pentito racconta poi di aver successivamente saputo da Nicola Lo Bianco, figlio di “Sicarru” e scomparso di lupara bianca, che lui stesso accompagnò il cugino a sparare a Piccione con una pistola. L’omicidio fu portato a termine in Piazza Municipio, sotto l’abitazione della vittima e chi agì, ricorda ancora Mantella, lo fece indossando una maschera di carnevale. “Che le cose siano andate così mi è stato riferito proprio da Salvatore e Nicola Lo Bianco” afferma il pentito.