Eni: accordo con pm su caso Congo, offre 11 milioni

Il logo dell'Eni.
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MILANO. – Dall’Eni in arrivo 11 milioni di euro di risarcimento e in accordo con la Procura di Milano, il gruppo ha presentato al gip, tramite i legali, una proposta di applicazione di sanzione pecuniaria da 800 mila euro per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti nel caso Congo.

Accordo che segue la riqualificazione del reato al centro dell’indagine, coordinata dal pm Paolo Storari, da corruzione internazionale in induzione indebita internazionale e che porta alla revoca, sempre da parte della Procura, della richiesta di misura interdittiva della sospensione per due anni della produzione di petrolio nei pozzi congolesi o in subordine del commissariamento di quelle attività.

All’indomani dell’assoluzione con formula piena della società e di altre 14 persone, compreso l’ad Descalzi e alcuni ex manager, sul caso Nigeria da parte del Tribunale milanese, la compagnia petrolifera italiana punta a voltare pagina per dedicarsi alle sue attività nel campo dell’energia.

L’istanza di applicazione della sanzione pecuniaria, in altri termini quello che per le persone fisiche è la richiesta di patteggiamento, è stata concordata, su proposta del pm Storari, con gli avvocati di Eni, Nadia Alecci e Nerio Diodà, e verrà discussa in udienza il prossimo 25 marzo davanti al gip Sofia Fioretta, che poi dovrà decidere.

Il gruppo con questa mossa, dopo l’esito favorevole del processo sul caso nigeriano, dovrebbe ‘archiviare’ quindi anche la vicenda congolese. Una strada, questa, che pure alcuni degli indagati, tra cui l’ex capo area subsahariana Roberto Casula (assolto ieri), stanno valutando.

Inoltre, è da sottolineare, con il nuovo reato ipotizzato cambia il quadro dell’indagine. Non più una presunta corruzione internazionale, come inizialmente contestato, per ottenere il  rinnovo delle concessioni petrolifere nei pozzi congolesi “Marine VI e VII”, ma una presunta induzione indebita in base alla quale pubblici ufficiali dell’ex colonia francese avrebbero in pratica costretto il management operativo in zona a versare il “fee” richiesto.

In merito all’accordo raggiunto l’Eni, si legge in una nota, “prende atto con soddisfazione del decadere anche di questa ipotesi di corruzione internazionale in seguito alla derubricazione del reato contestato da parte del Pubblico Ministero in induzione indebita”.

La compagnia, oltre a ricordare che “metterà a disposizione quindi un corrispettivo pari a 11,8 milioni di euro come sanzione concordata”, spiega di aver “aderito all’ipotesi di sanzione concordata avanzata dalla Procura” e che questo “non rappresenta un’ammissione di colpevolezza”, ma mira ad “evitare un lungo e costoso iter giudiziario che comporterebbe un nuovo e significativo dispendio di risorse per Eni e tutte le parti coinvolte”. Infine, “l’ipotesi conferma inoltre – conclude la nota – la tenuta dei sistemi di controllo anti-bribery della società”.

(di Francesca Brunati e Igor Greganti/ANSA)