Sgominata banda portavalori. “Pronti a uccidere”

Ufficiali di Polizia e Guardia di Finanza in conferenza stampa.
Ufficiali di Polizia e Guardia di Finanza in conferenza stampa.(ANSA)

CAGLIARI. – Gli ovili in aperta campagna nel Sassarese e nel Nuorese erano i luoghi in cui si incontravano per pianificare gli assalti ai portavalori e le rapine ma anche per nascondere le armi e le auto rubate e da utilizzare per i colpi. Come il 28 febbraio dello scorso anno quando la carovana di auto e mezzi rubati lasciò un ovile a Fiume Santo per raggiungere la sede della Mondialpol a Sassari. Ma la saltò per la presenza di auto della Polizia: “stasera c’è troppa giustizia in giro”, diranno poi i banditi al telefono, intercettati dagli uomini delle Squadre mobili di Cagliari, Sassari e Nuoro.

Ed è proprio ascoltando fiumi di telefonate che oggi con l’operazione “La ditta”, Polizia di Stato e Guardia di finanza hanno arrestato 13 componenti dei gruppi criminali responsabili non solo del tentativo di rapina alla sede della Mondialpol di Sassari del febbraio 2020, ma anche dell’assalto al portavalori della Vigilpol sulla Statale 131 a Bonorva (Sassari), nel 2015 che fruttò ai banditi un bottino di 534mila euro, e del ‘colpo’ da 11 milioni di euro del 2016 proprio al caveau della Mondialpol di Sassari, che erano pronti a colpire per la seconda volta nel 2020.

Le indagini, coordinate dalla Dda di Cagliari sono collegate agli accertamenti condotti nel 2016 con l’operazione “La Sfida”, che fece finire in cella alcuni dei responsabili dell’assalto al portavalori di Bonorva, tra i quali il vicesindaco di Villagrande Strisaili Giovanni Olianas, condannato in secondo grado a 28 anni di reclusione. Nel corso di quell’inchiesta e dai processi a carico degli arrestati nel 2016, è emerso chiaramente che non tutti i componenti della banda erano stati catturati. La Polizia non si è quindi fermata.

Oggi altri 12 della ‘Ditta’ sono finiti in carcere e uno ai domiciliari: tutti sono accusati di concorso in associazione a delinquere finalizzata alle rapine. Secondo il Gip tutti potevano commetterne ancora. “Il pericolo di reiterazione – scrive il giudice Giorgio Altieri nelle 33 pagine dell’ordinanza di custodia – si desume dalle modalità dei fatti, che indicano una pericolosità eccezionale, non adeguatamente contrastabile con misure diverse dalla custodia in carcere”. “L’assalto a persone armate, infatti – sottolinea il gip – implica l’accettazione della possibilità di uccidere o morire”.

Tra le persone arrestate spicca il nome di Franco Giovanni Chessa, 50 anni di Irgoli. Dagli accertamenti e dalle intercettazioni telefoniche è emerso che aveva un’ampia disponibilità di denaro, ma soprattutto 900mila euro ‘macchiati’ provenienti probabilmente dal ‘colpo’ al caveau della Mondialpol. Nei dialoghi intercettati, indicava le banconote macchiate come “indumenti da lavare” o “formaggio”.

Non solo. Sempre dalle intercettazioni emerge che il 50enne aveva a disposizione una pistola mitragliatrice Uzi, un fucile automatico leggero, due kalashnikov e due bombe a mano, un arsenale che teneva nascost nei terreni di sua proprietà, fra Thiesi, Bonorva e Irgoli.

(di Manuel Scordo/ANSA)

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