“Al bando Demirtas”, in Turchia curdi sotto assedio

Un'immagine in cartapesta di Erdogan sfila per le strade con la scritta DIKTATUR. Archivio.
Un'immagine in cartapesta di Erdogan sfila per le strade con la scritta "Diktatur". Archivio.

ISTANBUL. – Il leader carismatico Selahattin Demirtas, già in prigione da oltre 4 anni, gli attuali responsabili del partito, Pervin Buldan e Mithat Sancar, e una sfilza di oltre 600 dirigenti: oltre a bandire l’Hdp, la Turchia punta a decapitare un’intera generazione di politici curdi.

Nella richiesta alla Corte costituzionale di dissolvere la terza forza nel Parlamento di Ankara, che alle ultime elezioni ha ottenuto quasi 6 milioni di voti, il procuratore generale della Cassazione, Bekir Sahin, ha inserito anche l’interdizione dall’attività politica per tutta la classe dirigente che nell’ultimo decennio è stata una spina nel fianco del presidente Recep Tayyip Erdogan.

Il bando potrebbe riguardare in tutto 687 esponenti dell’Hdp, cui verrebbe vietato di candidarsi e svolgere iniziative pubbliche per 5 anni, mentre solo ieri Omer Faruk Gergerioglu era diventato il 14esimo parlamentare a vedersi privato dell’immunità dal fallito golpe del 2016, dopo la destituzione di decine di sindaci e gli arresti di centinaia di militanti.

Una mossa mirata a impedirne il ritorno sulla scena creando una nuova forza politica – come sempre accaduto in Turchia, dove in trent’anni sono stati banditi 6 partiti curdi – e soprattutto a mettere da parte Demirtas, due volte candidato presidente contro Erdogan, che resta molto popolare anche dopo quasi un lustro trascorso in un carcere di massima sicurezza, lontano da comizi e tv.

“L’Hdp è ben più di un’entità politica formale”, replica oggi il partito, che promette di resistere contro “l’oppressione del governo”, incassa il sostegno dell’opposizione laica del Chp e lancia un appello alla “solidarietà della comunità democrática internazionale”.

La stretta ha scatenato dure reazioni dall’estero, a partire dagli Usa. Il Dipartimento di Stato ha invitato Ankara a “rispettare la libertà di espressione”, parlando di “una decisione che sovvertirebbe ingiustificatamente la volontà del popolo turco, minerebbe ulteriormente la democrazia in Turchia e negherebbe a milioni di cittadini la loro rappresentanza”.

Anche l’Ue si dice “profondamente preoccupata”. A una settimana dal Consiglio europeo, l’Alto rappresentante Josep Borrell e il commissario all’Allargamento Oliver Varhelyi chiedono che “in qualità di Paese candidato all’Ue e membro del Consiglio d’Europa, la Turchia rispetti i suoi obblighi democratici fondamentali, i diritti umani e lo Stato di diritto”.

Avvertimenti che il governo Erdogan respinge al mittente come “interferenze” nei suoi “affari interni”. Per Ankara, “tutti devono attendere la decisione della Corte costituzionale”, senza “commentare un procedimento legale in corso”.

Nelle 609 pagine dell’atto d’accusa, l’Hdp viene definito “il braccio político dell’organizzazione terroristica armata Pkk” e accusato di svolgere “un ruolo attivo nel reclutamento di elementi dell’organizzazione terroristica armata”.

Parole che riecheggiano quelle dei comizi di Erdogan, spalleggiato dal suo alleato nazionalista Devlet Bahceli, legato ai lupi grigi, che oggi ha minacciato: “Chiudere l’Hdp, e impedire che riapra sotto mun altro nome, è un dovere per le generazioni future”.

(di Cristoforo Spinella/ANSA)