Papa Francesco accolto in una Baghdad blindata

Papa Francesco ricevuto in una Baghdad blindata.
Papa Francesco ricevuto in una Baghdad blindata. EPA/MURTAJA LATEEF

BAGHDAD. – Non l’aveva mai fatto ma oggi Papa Francesco ha accettato di salire su un’auto blindata. “Una Bmw 750, un’auto di sicurezza speciale a prova anti-proiettile”, hanno riferito fonti della sicurezza irachena che dal momento dell’arrivo hanno stretto intorno al Papa un imponente ‘cordone’ protettivo.

La strada che dall’aeroporto conduce prima alla Green Zone e poi verso il centro di Baghdad è una lingua d’asfalto solitaria, puntellata dalle palme e dai militari. Un posto di blocco, tra polizia ed esercito, ogni cento metri. Sulla via anche carri armati, in cielo elicotteri militari e droni.

Il Papa, primo Pontefice della storia a mettere piede in questa terra così ‘martoriata’, come lui stesso oggi ha sottolineato, conosceva la situazione ma mai si è preoccupato della sicurezza. Né quando un kamikaze, il 21 gennaio, solo un mese e mezzo fa, si è fatto esplodere al mercato di piazza Tayaran, proprio al centro di Baghdad, provocando la morte di una trentina di persone. Né quando i missili in queste ultime settimane hanno colpito le basi Usa, prima al Nord e poi a Ovest del Paese.

Il Papa era preoccupato soprattutto della pandemia, ma la questione è stata superata con le presenze contingentate a tutti gli eventi. La visita di Papa Francesco in Iraq è tra le più blindate in questi otto anni di pontificato. Eppure anche in passato non si era risparmiato zone ‘calde’ come il Centrafrica, la Colombia, e anche se in misura minore Egitto e Turchia. Ma qui, a Baghdad, le violenze sono dietro l’angolo e per questo le autorità irachene hanno messo in campo un dispiegamento imponente.

Il lockdown, legato alla pandemia del Covid, che qui vede montare la seconda ondata con vaccini al contagocce, fa il resto. I negozi della Baghdad commerciale sono chiusi. Anche le moschee hanno chiuso i battenti. Un gruppo di giovani siede sulle cassette vuote di una rivendita di alimentari. Una comitiva di ragazzini si spintona sulle sabbiose rive del Tigri, qualche anziano si trascina buste della spesa.

Sono poche le persone in giro nella capitale irachena che, come tutte le città mediorientali, invece normalmente vede svolgersi gran parte della giornata per le strade.

Misure anti-covid che termineranno lunedì 8 marzo, il giorno in cui il Papa, di mattina presto, salirà sull’aereo per tornare a Roma. Una coincidenza? Era stato lo stesso Patriarca caldeo, il cardinale Louis Raphael Sako, a spiegare apertamente qualche giorno fa, all’agenzia dei vescovi, che il lockdown “non è un ostacolo per la visita di Papa Francesco. Io lo vedo come una misura anche per la sua sicurezza dal momento che potrà viaggiare e circolare con più facilità”.

C’è però chi comunque ha voluto ‘esserci’ in questo momento storico: un centinaio di persone subito all’uscita dell’aeroporto che dietro i guardrail ha salutato il Papa con bandierine e cartelli di ‘welcome’. Molto sentita anche la partecipazione, se pur contingentata, nella chiesa dei martiri, Nostra Signora della Salvezza, dove religiosi e seminaristi si sono accalcati dietro i cordoni per dire una parola al Papa, consegnare una lettera, un disegno, far benedire una foto.

Con buona pace dei volontari che si sbracciavano chiedendo di non toccarlo, di non stringergli la mano, di mantenere il distanziamento. Ma qui il Papa lo attendevano almeno da 21 anni, quando Giovanni Paolo II cancellò la visita a causa della guerra.

(dell’inviata Manuela Tulli/ANSA)

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