Uber, pm: “Rider tutelati, stop a commissariamento”

Due rider della Deliveroo impegnati in una consegna nel centro della città di Genova.
Due rider della Deliveroo impegnati in una consegna nel centro della città di Genova. ANSA/LUCA ZENNARO

MILANO. – Le “condizioni” sono “obiettivamente migliorate sia sotto il profilo del trattamento economico dei rider che della sicurezza” e “per lo sforzo che è stato fatto, ora la società può procedere con le sue gambe”.

Così il pm di Milano Paolo Storari ha motivato la sua richiesta di revoca del commissariamento di Uber Eats Italy, filiale del colosso americano che è finita in amministrazione giudiziaria il 29 maggio 2020 per caporalato sui fattorini, a seguito di un provvedimento, emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale milanese, mai preso prima nei confronti di una piattaforma di delivery.

La richiesta della Procura di interrompere subito e anticipatamente il commissariamento (che sulla carta dovrebbe durare un anno, fino a fine maggio) è stata formulata dopo che, davanti ai giudici (presidente Fabio Roia), gli amministratori giudiziari, tra cui Cesare Meroni, hanno illustrato i risultati positivi di ciò che è stato fatto dall’azienda assieme ai commissari.

Uber Eats Italy, hanno spiegato, si è dimostrata “sensibile ed efficiente” nell’eliminare ogni forma di sfruttamento e caporalato e c’è stato un “progresso culturale da parte della società sia per il miglioramento della sua organizzazione, sia nell’ambito dei rapporti coi rider per la loro tutela e sicurezza”. E pure sul fronte delle “tariffe” pagate ai fattorini.

Dall’inchiesta del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Gdf, che sul fronte penale ha portato in udienza preliminare i responsabili di una società di intermediazione di manodopera e una manager (ora sospesa) di Uber, era venuto a galla che i rider del servizio “Uber eats”, stando alle imputazioni, venivano “pagati a cottimo 3 euro a consegna”, “derubati” delle mance e “puniti” se si ribellavano.

Un’indagine per caporalato questa del tutto autonoma rispetto a quella di altro dipartimento della Procura milanese che nei giorni scorsi ha notificato a Glovo-Foodinho, Just Eat, Uber e Deliveroo verbali amministrativi per chiedere la regolarizzazione delle posizioni di oltre 60mila ciclofattorini e contestazioni per violazioni su sicurezza e salute dei rider con ammende fino a 733 milioni.

Nella relazione dei commissari sul caso Uber è stato evidenziato che la filiale italiana ora, oltre ad applicare il contratto nazionale (compenso minimo 10 euro lordi), sulle corse brevi (circa 10 minuti tra ritiro e consegna) paga il 40% in più e su quelle “medie” il 20% in più.

Tutti aspetti che la Procura valuta positivamente, assieme ai protocolli sulla sicurezza e sulla salute dei rider che prevedono, tra molte altre cose come caschi e altri dispositivi gratuiti e corsi di formazione e di italiano, pure un’assicurazione che copre anche nei confronti di terzi e una app per il riconoscimento facciale per evitare il fenomeno della condivisione degli account.

Un “modello”, quello applicato da Uber, che è adottato anche dalle altre piattaforme che fanno parte di Assodelivery. E la relazione, ha spiegato Uber Italy, “conferma gli ottimi risultati ottenuti fino ad ora e che stiamo procedendo nella giusta direzione”.

Ora, poi, è previsto anche il divieto “di intermediazione”, ossia di usare società che si interfaccino coi rider per le consegne. E si apre, dunque, la strada verso la stop all’amministrazione giudiziaria, che dovrà essere deciso dai giudici nei prossimi giorni.

(di Igor Greganti/ANSA)

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