Draghi nomina nuovo commissario all’emergenza Covid. Arriva il generale Figliuolo

In una foto d'archivio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella consegna l'insegna dell'Ordine Miilitare d'Italia al Generale di Divisione Francesco Paolo Figliuolo in occasione del Giorno dell'Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate
In una foto d'archivio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella consegna l'insegna dell'Ordine Miilitare d'Italia al Generale di Divisione Francesco Paolo Figliuolo in occasione del Giorno dell'Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate, a Roma, 3 novembre 2016. (Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

ROMA. – Via Domenico Arcuri, arriva un nuovo commissario all’emergenza Covid. Con la scelta del generale Francesco Paolo Figliuolo, il presidente del Consiglio Mario Draghi completa il rinnovamento della struttura che gestirà il dossier vaccini, in un coordinamento sempre più stretto tra le forze armate e la Protezione civile, ora guidata da Fabrizio Curcio. La decisione arriva alla vigilia della firma del primo dpcm di Draghi, con le misure anti contagio in vigore fino a dopo Pasqua.

L’allarme per la risalita dei contagi, anche per effetto delle varianti, è sempre più alto. La linea resta rigorosa, con un inasprimento delle misure in zona rossa, a partire dalla chiusura di tutte le scuole. Tra i ministri emerge una prima, vistosa, spaccatura su cosa fare nelle aree arancioni: se chiudere le scuole e disporre anche lo stop per negozi e centri commerciali. Ci si prende ancora qualche ora per decidere: servirà una nuova riunione a Palazzo Chigi. Ma Draghi intende chiudere comunque il dpcm entro la giornata di martedì.

Arcuri viene ricevuto alle 14, non da Draghi, a Palazzo Chigi. Gli viene comunicata la decisione di sostituirlo con Figliuolo. A lui, reciterà una nota, vanno i ringraziamenti “del governo per l’impegno e lo spirito di dedizione”. Il premier sceglie il generale, già esperto di logistica, per provare a imprimere quella spinta al dossier vaccini cui lavora dal primo giorno del suo mandato.

Esulta l’intero centrodestra che di Arcuri chiedeva da tempo la rimozione, da Matteo Salvini che parla di “missione compiuta”, a Giorgia Meloni, che dal suo scranno di opposizione rivendica di essersi opposta per prima al commissario del governo Conte. “Era necessario che si mettesse in campo una struttura più efficiente per la somministrazione”, commenta Silvio Berlusconi.

Si compiace anche Matteo Renzi, che aveva sollevato il ‘nodo Arcuri’ durante la crisi di governo. Rendono grazie all’uscente, dando il benvenuto al suo successore Nicola Zingaretti e Roberto Speranza. “Sono onorato di aver potuto servire il mio Paese in una stagione così drammatica”, si limita a commentare Arcuri.

Dare una spinta alle vaccinazioni, dall’approvvigionamento alla distribuzione e somministrazione, è una priorità assoluta per Draghi. Il tentativo è far crescere il numero delle vaccinazioni, che hanno superato le 100mila al giorno, e arrivare ad aprile a ben altri numeri. Ma il Paese attraverserà settimane “non facili”, osserva il ministro della Salute, perché “la curva dei contagi sta risalendo in modo significativo” in gran parte delle Regioni.

E’ “estremamente allarmante”, avverte il presidente Massimiliano Fedriga, la situazione nel Friuli Venezia Giulia: “In una settimana quasi il 60% in più”. Diversi governatori non escludono misure più restrittive. E gli occhi sono puntati su casi specifici, come la provincia di Brescia, che resterà in fascia arancione rafforzata per altri 8 giorni.

E’ in questo contesto che Draghi si prepara a firmare il suo primo dpcm. Dal 6 marzo al 6 aprile resterà la divisione in fasce e non ci saranno allentamenti. Anzi, in zona rossa chiuderanno i barbieri parrucchieri e soprattutto tutte le scuole, anche asili, elementari e medie. L’orientamento viene confermato in una riunione del premier con i ministri in rappresentanza dei partiti, il titolare della scuola Patrizio Bianchi, il ministro dell’Economia Daniele Franco e gli esperti Agostino Miozzo e Franco Locatelli.

L’impianto del dpcm resta quello comunicato già venerdì alle Regioni: chiusura serale per bar e ristoranti, stop agli spostamenti (già disposta con decreto legge), con l’eccezione della riapertura di cinema e teatri dal 27 marzo, anche se gli esercenti del cinema (Anec) sottolineano che è solo “un primo passo simbolico, non la ripartenza del settore”. Un tavolo con le Regioni aprirà poi la discussione sui parametri da adottare per il futuro per distinguere le aree rosse, arancioni e gialle: per ora i criteri non cambiano.

Nella cabina di regia a Palazzo Chigi si discute anche l’urgenza di intervenire con i ristori per chi chiude, a partire dal decreto legge atteso entro la prossima settimana. E c’è chi, come la ministra Bonetti, pone l’accento sul nodo dei congedi per i genitori a fronte della chiusura delle scuole.

L’ultimo nodo sul tavolo, spiegano i partecipanti alla riunione, è proprio la scuola. Draghi avrebbe dato un assenso al recepimento dell indicazione del Cts sulla chiusura di tutti gli istituti in zona rossa e sul criterio di ulteriore chiusura, a livello locale, se si raggiungono 250 casi ogni 100mila abitanti anche nelle regioni non rosse. La discussione però si accende e divide i ministri in due ‘schieramenti’ – con sfumature al loro interno – su come regolarsi in zona arancione.

Speranza, con Dario Franceschini, Bianchi e Stefano Patuanelli, chiedono di valutare l’opportunità di chiudere anche negozi, per limitare focolai di contagio: non ha senso chiudere gli istituti e lasciare aperti i centri commerciali. Giancarlo Giorgetti, Mariastella Gelmini e Bonetti sarebbero dell’idea di non imporre misure troppo restrittive nelle zone non rosse e garantire, laddove possibile, la scuola in presenza: chiudere i negozi in zona arancione, è l’obiezione, equivarrebbe ad estendere quasi ovunque le regole da zona rossa.

(di Serenella Mattera/ANSA)