Fisco, Guardia di Finanza: alzare prelievo su beni in paradisi

Guardie di finanza esaminano dei documenti.
Guardie di finanza esaminano dei documenti. (voce.com.ve)

ROMA. – Aumentare la tassazione sui patrimoni finanziari detenuti in paradisi fiscali nel quadro della nuova riforma del fisco. É la proposta che arriva dal Comandante della Guardia di Finanza, Generale Giuseppe Zaferana in audizione in commissione finanze di Camera e Senato.

Il “prelievo aggiuntivo sulle disponibilità finanziarie” tenute nelle “giurisdizioni non collaborative”, potrebbe contribuire a reperire parte dei fondi necessari per realizzare una reforma che abbassi la pressione sui redditi medi, in particolare quelli da lavoro dipendente e pensione.

I soldi stanziati per la riforma attualmente sono infatti “insufficienti”. Lo ha ribadito anche il presidente del Cnel Tiziano Treu. La legge di Bilancio infatti ha destinato appena 8 miliardi nel 2022, 7 miliardi a partire dal 2023, ma 5-6 miliardi di questi sono già destinati all’assegno unico per i figli e servizi alle famiglie. É quindi necessario cercare di reperire altrove ulteriori fondi.

Alzare l’aliquota impositiva sui redditi finanziari detenuti in paesi dalle amministrazioni poco trasparenti avrebbe “il vantaggio di rendere più onerosa la detenzione di ricchezze presso Stati o Territori a rischio fiscale o finanziario introducendo una sorta di costo incrementale per i servizi off shore” ha spiegato il generale Zafarana.

Rendere più oneroso la detenzione di ricchezze finanziarie in questi Paesi potrebbe avere anche l’effetto indiretto di favorire il rientro di capitali.

“Trattandosi per lo più di paesi esotici e di economie non particolarmente sviluppate, è ragionevole pensare che la variabile fiscale, l’opacità e il basso grado di collaborazione internazionale, abbiano giocato un ruolo non secondario” nella sceltà di delocalizzare proprio lì i propri soldi, ha proseguito il generale Zafarana. Aumentare il prelievi su questi redditi sarebbe, tra l’altro, perfettamente in linea con il principio di capacità contributiva: perché detenere e gestire ricchezze in quei paesi “presuppone una significativa forza economica” che non si limita al solo valore monetario accumulato, ma anche alla capacità di sostenere le spese non irrilevanti legate al meccanismo della delocalizzazione”.

Una misura di questo tipo contribuirebbe anche a rendere equo il sistema tributario italiano, cosa che attualmente non è, come continuano a ribadire un po’ tutti, da ultimo anche Tiziano Treu. Perché, se è vero che nel 2020 la pressione fiscale (cioè il rapporto gettito, contributi sociali/Pil) è salita al 43,1%, come ci ricorda l’Istat, è anche vero che questa pressione non è uguale per tutti, e per alcuni non esiste affatto. In prospettiva – ha avvertito Treu – quando l’emergenza Covid ci presenterà il conto dei Ristori e delle altre misure prese, le regole fiscali per pagare quel conto, cioè la riforma del fisco, sia pronta ed equa.

(Maria Gabriella Giannice/ANSA)

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