L’appello di Latifa, riaprite il caso di mia sorella

La principessa Latifa di Dubai.
La principessa Latifa di Dubai. (ANSA/EPA)

LONDRA.  – Le principesse prigioniere dell’emiro sono due: e la sorella più giovane chiede ora al Regno Unito di aiutare la più grande, sparita letteralmente dalla scena da ormai oltre due decenni.

A lanciare il nuovo appello è ancora Latifa, figlia del ricchissimo e influente sovrano di Dubai, Mohammed Rashid al-Maktoum, dopo i video disperati fatti pervenire di nascosto nei giorni passati alla Bbc nei quali aveva denunciato d’essere di fatto “ostaggio” del padre in una villa dal suo fallito tentativo di fuga via mare datato 2018, di temere per la propia vita e di rivolere solo la propria libertà.

Stavolta il messaggio arriva sull’isola tramite una lettera in cui la “sceicca” 35enne si rivolge in tono accorato alla polizia e alle autorità britanniche affinché riaprano le indagini sul “rapimento” della sorella Shamsa: riportata – pare – a sua volta a viva forza dall’emiro in patria circa 21 anni fa, mentre era a Cambridge.

La vicenda di Shamsa, maggiore di Latifa di tre anni e oggi 38enne, ma 18enne al momento dei fatti, è nota e fu all’epoca indagata dalla Cambridgeshire Police, che nel 2001 chiuse però il fascicolo con un non luogo a procedere. Non senza il sospetto d’un insabbiamento dettato da una ipotetica pressione politico-diplomatica e le successive promesse di ulteriori verifiche.

Nella missiva attribuita a Latifa – i cui video recenti sono tornati a squarciare il velo del silenzio sul destino delle principesse-prigioniere di casa Maktoum, suscitando allarmi e proteste da parte di organismi dell’Onu malgrado le rassicurazioni ufficiali di rito delle autorità degli Emirati, e sono stati definiti inquietanti pure dal governo di Boris Johnson, al vertice di un Paese che come gli Usa ha legami strettissimi con le monarchie arabe del Golfo – gli accenti sono quelli di una supplica.

“Tutto ciò che vi domando è di dare attenzione a questo caso, poiché il vostro aiuto potrebbe restituire la libertà a Shamsa che ama davvero l’Inghilterra e conserva i ricordi più cari del periodo trascorso” a Cambridge, si legge nel testo. La principessa Shamsa, del resto, non risulta essere stata più rivista in pubblico da allora e si ritiene viva appartata, sotto stretta sorveglianza, in qualche dimora reale dai cancelli sbarrati degli Emirati Arabi Uniti.

Un portavoce di Downing Street, commentando la lettera, si è limitato a dire che le indagini sul caso del rimpatrio forzato da Cambridge nell’agosto 2000 di Shamsa sono “materia di competenza della polizia” locale; ma ha ricordato come Boris Johnson abbia definito “ovviamente preoccupanti” le denunce di Latifa. Mentre i vertici della Cambridgeshire Police hanno ribadito d’aver avviato “una revisione” (a scoppio ritardato) del fascicolo.

Tanto più dopo che pure l’Alta Corte britannica ha riconosciuto l’attendibilità delle accuse di maltrattamenti e detenzione arbitraria ai danni delle due sorelle rilanciate contro l’emiro in una vittoriosa causa di divorzio intentata a Londra dalla sua ultima consorte, Haya bint Hussein, sorella del re di Giordania: unica donna di corte riuscita finora a sfuggire allo sfarzo blindato del padre-padrone di Dubai.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)