Polonia: incriminata la leader delle proteste pro-aborto

Una manifestante mostra la mascherina con il fulmine, simbolo del movimento femminile di sciopero, di fronte alla corte costituzionale di Varsovia.
Una manifestante mostra la mascherina con il fulmine, simbolo del movimento femminile di sciopero, contro le restrizioni all'aborto, di fronte alla corte costituzionale di Varsovia. (Photo by Wojtek Radwanski / AFP)

ROMA. – In piazza, settimana dopo settimana, con decine di migliaia di persone per protestare contro la legge sull’aborto in Polonia. Adesso Marta Lempart, leader di quel movimento che ha visto le donne polacche protagoniste, rischia fino a otto anni di prigione: è accusata di aver organizzato una manifestazione violando le leggi anti-coronavirus. E qualcuno legge già la mossa come una punizione per aver dato voce al dissenso.

É dall’autunno che le donne scendono in piazza in Polonia, con un’ondata di proteste che è andata potenziandosi senza sosta fino a raggiungere il suo culmine nelle scorse settimane, a ridosso della sentenza della Corte Costituzionale polacca che ha ridotto l’accesso all’aborto e irrigidito la legge sull’interruzione di gravidanza nel Paese, già fra le più rigide d’Europa.

Lo Sciopero delle Donne, il Women’s Strike, viene però da lontano. Nasce da una protesta e dal lavoro costante di donne e uomini attivisti che hanno non solo marciato, ma costantemente negli anni sfidato il conservatorismo polacco, incarnato dal partito PiS (Diritto e Giustizia) al governo, fino a diventare un movimento grazie anche alla leadership di Marta Lempart, con una data di nascita: ottobre 2016.

Da allora, corteo dopo corteo, la fama dello Sciopero delle Donne è cresciuta e la sua missione si è imposta anche all’attenzione della comunità internazionale in seguito agli ultimi sviluppi legislativi in tema di aborto.

Nata nel 1979, avvocato, imprenditrice e attivista, Lempert partendo da Facebook in una settimana nell’ottobre del 2016 raccolse oltre 100mila adesioni contro l’allora disegno di legge sull’aborto. Donne, di tutte le età ed estrazioni sociali, insieme fecero sentire la loro voce, una protesta all’unisono che costrinse il ritiro di quel disegno di legge.

Ma che soprattutto fu l’inizio di un percorso di dissenso verso il governo nazional-conservatore cui Lempart è sempre rimasta alla guida, sebbene il movimento si sviluppi attraverso un’organizzazione capillare basato su linee guida comuni.

Un punto di forza che ne ha permesso non solo la sopravvivenza ma anche la crescita, pur nelle restrizioni imposte dalla pandemia nell’ultimo anno. Adesso però le autorità vogliono punire un possibile passo falso di Marta, accusandola di aver violato le misure contro il Covid. Ma anche, riferisce un portavoce della procura, di “aver insultato la polizia e appoggiato gli attacchi contro le chiese”.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)

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