Telefonata fiume Biden-Xi, monito Usa sui diritti umani

Il presidente Usa, Joe Biden.
Il presidente Usa, Joe Biden.

WASHINGTON. – Joe Biden e Xi Jinping alla fine si sono parlati. Una telefonata lunghissima, durata almeno due ore, come ha raccontato lo stesso presidente americano.

Del resto i due si conoscono molto bene. Con il leader cinese, ha ricordato giorni fa il nuovo inquilino della Casa Bianca, c’è alle spalle un rapporto fatto di intense relazioni che risalgono all’era Obama, con faccia a faccia durati ore e ore quando tutto sembrava davvero pronto per aprire una nuova era tra le due superpotenze. Quando la nascita di una sorta di G2 sembrava in grado di poter indicare una chiara direzione al mondo intero.

Ma da allora tantissime cose sono cambiate e, nonostante la confidenza, Biden non ha fatto sconti al suo interlocutore: gli Stati Uniti sono sempre più preoccupati per le politiche aggressive della Cina nei confronti dei Paesi vicini e di Taiwan, e per gli abusi sul fronte dei diritti umani ad Hong Kong e nella regione dello Xinjang contro la minoranza musulmana degli uiguri.

Il presidente americano, insomma, non avrebbe usato giri di parole, e la replica di Xi non è stata da meno: “Le questioni relative a Taiwan, Hong Kong e lo Xinjang sono affari interni che riguardano la sovranità e l’integrità territoriale della Cina”. Xi ha quindi detto a chiare lettere che dagli Usa pretende rispetto e cautela nell’affrontare certe questioni, altrimenti sarà difficile pensare alla ripresa di normali relazioni.

Dai resoconti sulla conversazione diramati da Washington e da Pechino, dunque, la prima impressione è quella di una telefonata tesa, dai toni duri.

Ma leggendo bene tra le righe e considerando l’inusuale lunghezza della chiacchierata si capisce come Biden e Xi siano affamati di dialogo e intendano cambiare approccio rispetto agli ultimi quattro anni, caratterizzati da una guerra commerciale senza precedenti e da relazioni mai così tese in oltre 70 anni.  Dietro a un’esposizione franca delle rispettive posizioni si celerebbe dunque il tentativo di riallacciare quel dialogo ridotto ai minimi termini nell’era Trump.

I due leader hanno riconosciuto come tanti sono i terreni su cui si può lavorare insieme: lotta alla pandemia e ai cambiamenti climatici, competizione commerciale e sviluppo delle tecnologie di nuova generazione, come quella del 5G.

E poi ancora porre un freno alla proliferazione degli armamenti. Biden però è stato netto sul fatto che non si tornerà automáticamente ai rapporti dell’era Obama, lasciando intendere come non ci sarà per ora alcuna retromarcia anche su molte delle misure prese dal suo predecessore.

Anzi, poche ore prima del colloquio con Xi sono state due le mosse del presidente americano che mettono in chiaro la sua posizione: le sanzioni ai generali golpisti in Birmania (palese intervento degli Usa nel giardino di casa della Cina) e l’istituzione al Pentagono di una task force che dovrà suggerire la futura postura militare verso Pechino. “Se l’America non si dà una mossa, la Cina si mangerà tutto il nostro pranzo”, ha commentato lo stesso Biden parlando della sua telefonata con i giornalisti.

Il presidente americano ha poi più volte spiegato come gli Stati Uniti, anche sul fronte dei rapporti con Pechino, torneranno a confrontarsi in maniera molto più stretta con gli alleati europei e dell’est asiatico. Ma ancora una volta c’è da giurare come i rapporti personali potranno essere decisivi.

Sia Biden che Xi hanno bisogno in questa fase l’uno dell’altro, e il presidente americano non avrà certo scordato quando durante il suo viaggio a Pechino nel 2013, nel Grande Sala del Popolo del parlamento cinese, Xi lo accolse definendolo “il mio grande amico Joe”.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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