L’Ue fa autocritica sui vaccini, Italia tratta più dosi

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. ANSA/FRANCISCO SECO / POOL

BRUXELLES. – “Siamo arrivati in ritardo con le autorizzazioni dei vaccini. E siamo stati troppo ottimisti sulla produzione di massa”. Dopo i mea culpa negli incontri a porte chiuse con i gruppi parlamentari, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, approdata sulla graticola della plenaria dell’Eurocamera, non ha lesinato nell’autocritica.

“Forse siamo stati un po’ troppo sicuri sul fatto che le quantità ordinate sarebbero state consegnate in tempo”, ha ammesso la leader, rilanciando però “sull’obiettivo di immunizzare il 70% della popolazione in Europa entro l’estate”.

Le lezioni “sono state tratte”, ha assicurato Von der Leyen, lanciando ora l’allerta sulla possibile scarsità degli ingredienti dei vaccini, rispetto a cui si sta correndo ai ripari, e indicando come fondamentale il lavoro della task forcé guidata da Thierry Breton per accrescere la capacità produttiva nell’Unione e rimuovere le storture che allungano i tempi. Un punto, quest’ultimo, anche all’ordine del giorno della riunione degli ambasciatori al Coreper.

Nonostante la pioggia di critiche che le sono piovute addosso, la presidente dell’Esecutivo ha sollecitato a proseguire uniti nella battaglia contro il virus e, insieme a Polonia e Danimarca, ha citato l’Italia tra gli esempi virtuosi per livello di immunizzazioni in Europa, “con oltre il 4% della popolazione” già inoculata.

Proprio in queste ore tra l’altro l’Italia si potrebbe aggiudicare una quota più alta del nuovo contratto da 300 milioni di dosi del siero Pfizer-BioNtech, a cui Bruxelles ha dato luce verde politica lunedì. Una conferma di quanto emerso dalle consultazioni del presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi.

Secondo alcune fonti, le cancellerie Ue stanno finalizzando il negoziato per stabilire un nuovo piano di ripartizione delle quote avanzate dopo gli opt out di alcuni tra i 27. Una suddivisione che in questo caso non segue il criterio della popolazione per Paese ma si basa sulle trattative tra Stati.

Già in occasione della prima consegna da 300 milioni di dosi Pfizer, a dicembre, cinque Paesi si erano chiamati fuori in parte o del tutto sulla loro porzione spettante su 100 milioni di dosi (perché troppo costose) lasciando che fossero assorbite dai partner. Di certo non il caso di Francia, Germania, Italia o Spagna, pronte piuttosto a beneficiarne.

Bruxelles ha invece nettamente bocciato le ipotesi fai-da-te per l’acquisto degli antidoti, come vorrebbe la Regione Veneto secondo le intenzioni espresse dal governatore, Luca Zaia. “Non si negozia in parallelo perché questo rimetterebbe in questione l’efficacia della nostra strategia”, ha avvertito il portavoce della Commissione Ue alla Salute, Stefan De Keersmaecker, ribadendo l’impegno preso in questo senso dalle cancellerie nazionali.

Intanto i morti per Covid nell’Unione hanno ormai superato quota mezzo milione, su quasi 20.550.000 contagiati. Sono stati 3.137 i decessi registrati in media ogni giorno nell’ultima settimana, con una trend però in miglioramento.

Qualche speranza arriva anche dai dati dall’Oms a livello globale, che descrivono un andamento delle infezioni in calo: la settimana scorsa il bilancio è stato di 3,1 milioni di contagi, il 17% in meno rispetto alla precedente, il livello più basso dall’ultima settimana di ottobre.

Uno scenario di fronte al quale la Germania continua comunque a blindarsi prolungando il lockdown duro fino al 7 marzo: la guerra al virus continua.

(di Patrizia Antonini/ANSA)

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