‘Mafia imprenditrice’, la Guardia di Finanza sequestra 50 milioni di beni

Agenti della Guardia di Finanza realizzano una perquisizione. (ANSA)
Agenti della Guardia di Finanza realizzano una perquisizione. (ANSA)

CATANIA. – Il clan Scalisi di Adrano, grosso centro agricolo del Catanese, aveva una “forte capacità di inserirsi nel tessuto economico-sociale e di infiltrarsi in strutture produttive nel territorio nazionale”, con sedi in Veneto e Lombardia dalle quali “traeva poi finanziamento”.

E’ quanto emerge dalle indagini del nucleo di Polizia economico-finanziaria (Pef) di Catania culminata con l’operazione ‘Follow the money’ con 26 indagati, cinque dei quali in carcere, e il sequestro di beni per oltre 50 milioni di euro eseguito tra Sicilia, Lombardia e Veneto.

Sigilli sono stati posti a 17 società del settore dei trasporti con sedi a Catania ed Enna e di commercializzazione di prodotti petroliferi a Varese, Mantova e Verona, a 48 beni immobili tra terreni e appartamenti tra Catania e Messina, a conti correnti e a disponibilità finanziarie.

Durante le perquisizioni la guardia di finanza ha inoltre sequestrato oltre un milione di euro in contanti, orologi, preziosi e auto di lusso, comprese una Ferrari modello F458 del valore di 200 mila euro, due Porsche e un’Audi Q8.

Dall’inchiesta della Dda di Catania è emerso che il boss Giuseppe Scarvaglieri, sebbene detenuto in regime di 41bis, il cosiddetto ‘carcere duro’, abbia “continuato a rappresentare il punto di riferimento dell’associazione criminale, dirigendo dalla prigione l’attività del clan e ciò grazie soprattutto al nipote, Salvatore Calcagno”, tra gli arrestati, considerato “il portavoce dello zio e supervisore degli investimenti”.

Le indagini del Gico del nucleo Pef di Catania hanno messo in luce l’ipotesi di reato di concorso esterno nell’associazione mafiosa per due imprenditori catanesi: Antonio Siverino, detto il ‘Miliardario’ e il figlio Francesco. Secondo la Dda etnea avrebbero “occultato il patrimonio di Scarvaglieri, con plurime intestazioni fittizie di beni e società illecitamente acquisiti”. Ottenendo un “incremento costante e considerevole di disponibilità economiche e finanziarie, derivanti da ingenti e illeciti apporti di capitale di attività criminali e sulla protezione del clan”.

Grazie a questi contatti, accusa la Procura, i Siverino, che inizialmente operavano nel settore della logistica e dei trasporti soltanto nella zona di Adrano, “hanno progressivamente esteso sull’intero territorio nazionale le loro illecite attività imprenditoriali, gradualmente diversificandole e rilevando anche società operanti nel settore della commercializzazione dei prodotti petroliferi in Veneto e Lombardia”.

A tutti i 26 indagati è stato notificato dalla guardia di finanza un avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso dalla Dda della Procura di Catania.

(di Mimmo Trovato/ANSA)