Influencer marketing, l’ora dei nano-influencer

E' l'ora dei nano-influencer.
E' l'ora dei nano-influencer. (ANSA)

ROMA. – Influencer: il termine, spesso usato non correttamente, significa semplicemente persone che hanno il potere, la capacità, di influenzare gli acquisti. Legato a loro c’è un mercato, in continua crescita, proporzionale all’efficacia che hanno di provocare i consumatori.

Possono essere anche celebrities o diventarlo per la grande popolarità (l’esempio classico è Chiara Ferragni, oggi imprenditrice digitale), ma almeno in origine influencer è una persona capace (non necessariamente una star dell’intrattenimento o della moda) con un vasto seguito sui social, così persuasiva da far comprare a chi la segue l’abbigliamento che sponsorizza.

Lo scenario è però in evoluzione e una nuova generazione di ‘nano’ influencer sta emergendo: persone assolutamente ordinarie capaci di creare contenuti digitali non scontati, molto legate alle loro piccole community, ma per questo anche più efficaci, più autentiche, decisamente meno sfacciate nella proposta commerciale.

In generale per l’influencer marketing, dopo aver chiuso il 2020 a 10 bilioni di dollari, si stima un incremento fino a 15 bilioni nel 2021 e non è previsto nessun rallentamento almeno fino al 2025. “Far arrivare un messaggio ed un prodotto all’utente finale sarà sempre più strategico – spiega all’ANSA Grazia Zuccarini, osservatrice del mondo digital tra Italia e Los Angeles che studia e lavora con questo sistema dalle origini del fenomeno -.

Saranno sempre di più i post sponsorizzati che appariranno nei feed dei propri social e considerando che il 26% degli utenti connessi da desktop e il 15% di quelli da cellulare usano software per bloccare la pubblicità, diventa sempre più strategico l’utilizzo di ‘creatori di contenuti’ per far arrivare un messaggio ed un prodotto all’utente finale”.

Nel 2020 i profili degli influencer sono diventati canali di intrattenimento, dove almeno inizialmente le attività di sponsorizzazione, quelle a pagamento indicate con #adv, erano considerate parte del racconto, ma che poi data l’alta concentrazione e ripetitività sono diventate via via forse meno credibili agli occhi degli utenti e meno efficaci per il brand.

L’anno del Covid ha consolidato l’importanza dei micro-influencer, fino a 100.000 follower, considerati il Santo Graal dei consumi ridotti nell’anno della pandemia. Su di loro sono stati investiti i budget ristretti dei vari brand alla ricerca di engagement e reach, su di loro si sono concentrate massive attività di organic seeding, ovvero invio prodotti a titolo gratuito, indicate con #gifted by, nell’opportunità che nel rito dell’unboxing – l’apertura del pacco – rigorosamente ripreso e condiviso in Instagram Stories il brand possa avere qualche secondo di visibilità a costo zero. Ma sponsorizzazioni e unboxing annoiano gli utenti.

Così nel 2021 cambiano gli scenari e l’attenzione si sta spostando sui nano-influencer, quelli che hanno da 1000 a 3000 followers. Più autentici, semplici da gestire, non viziati – almeno per ora – non sono creatori digitali professionisti, i loro profili possono sembrare quelli del ragazzo o della ragazza “della porta accanto”, ma in realtà i loro contenuti non patinati piacciono anche alla Gen-Z che sceglie la filosofia #nofilter verso #instaperfect.

Le loro comunità sono ristrette, ma dalle grandissime potenzialità: gli utenti si conoscono spesso anche personalmente, dialogano tra loro in maniera spontanea, le loro relazioni sono più solide, quindi più credibili.

(di Alessandra Magliaro/ANSA)

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