Birmania: è un mistero la sorte di Aung San Suu Kyi

Sostenitori della National League for Democracy (NLD) partito guidato da Aung San Suu Kyi, festeggiano la vittoria delle elezioni a Yangon.
Sostenitori della National League for Democracy (NLD) partito guidato da Aung San Suu Kyi, festeggiano la vittoria delle elezioni a Yangon. Immagine d'archivio. EPA/LYNN BO BO

BANGKOK. – Il giorno dopo il golpe che ha fatto ripiombare il Myanmar nel ricordo dei giorni più bui della dittatura militare, la reazione più dura arriva dagli Stati Uniti: a Washington l’amministrazione di Joe Biden ha formalmente stabilito che l’esercito birmano ha effettuato un colpo di stato e si dice pronta ad un drastico taglio degli aiuti al Paese.

Mentre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha tenuto una riunione di emergenza per varare un testo che chiede la restituzione del potere ai civili. I militari tuttavia non arretrano: il colpo di stato era “inevitabile”, secondo il generale capo dell’esercito del Paese Min Aung Hlaing.

Intanto non arrivano notizie sulla sorte di Aung San Suu Kyi, arrestata ieri assieme ad altri politici nella capitale Naypydaw, che di nuovo assiste alla scena dei soldati armati di fucile nelle strade, alimentando ansia in una popolazione che ben ricorda mezzo secolo di dittatura finita solo dieci anni fa.

La richiesta del partito di Suu Kyi – la Lega nazionale per la democrazia – di liberare la “Signora” e gli altri leader detenuti è rimasta finora inascoltata. Oltre a quelli prelevati dall’esercito, tutti i politici presenti ieri a Naypyidaw per l’insediamento del Parlamento sono di fatto prigionieri in casa, nei compound che ospitano i deputati nella vasta capitale costruita dal regime.

Già emergono però i primi segnali di un movimento di disobbedienza civile. A Yangon la maggiore città birmana ed ex capitale del Paese, molti cittadini hanno messo in scena una singolare protesta: venti minuti di rumore assordante dai balconi, tutti a sbattere pentole, tegami e altri tamburi improvvisati alle 20 in punto, quando è scattato il coprifuoco indetto dalla giunta militare.

Nella stessa città, dove i sostenitori di Suu Kyi hanno già ieri tolto le bandiere rosse del partito per paura di ritorsioni, il golpe ha tuttavia portato nelle strade anche i sostenitori dell’esercito, che hanno inscenato una manifestazione in un parco cittadino, con minacce fisiche ai dissidenti.

Con le comunicazioni telefoniche e Internet ritornati a funzionare oggi, il dissenso corre anche online. Migliaia di birmani hanno rilanciato su Facebook e Twitter un manifesto per un “Movimento di disobbedienza civile” preparato da un gruppo di medici di ospedali statali, che hanno annunciato di rifiutarsi di lavorare per il governo militare.

Sui social media si segnalano simili decisioni di impiegati di uffici statali. Nel frattempo, complice la crisi del Covid-19, il Paese rimane di fatto isolato dall’estero, con voli aerei che non riprenderanno fino a maggio.

In molti si chiedono i veri motivi di un golpe ufficialmente seguito ai presunti brogli alle elezioni dello scorso novembre, dove il partito di Suu Kyi ha trionfato e quello espressione dell’esercito ha raccolto solo il 7 per cento dei seggi. Molti osservatori fanno notare come l’esercito era già in sostanza libero di curare i propri interessi economici e politici, con una Costituzione che cementa il suo ruolo e una Suu Kyi che in cinque anni di governo non l’ha mai affrontato di petto.

Resta anche da vedere come si articolerà la risposta della comunità internazionale, che già non è andata al di là delle condanne verbali dei crimini contro l’umanità commessi contro la minoranza Rohingya nel 2017, oltre ad alcune sanzioni individuali che non graffiano.

Nonostante la dura presa di posizione di Washington rimane difficile immaginare sanzioni economiche come quelle che gli Stati Uniti e l’Unione Europea applicarono dagli anni Novanta contro la dittatura dei generali. Oggi il consenso generale è che quelle misure punirono la popolazione e non il regime, e nel frattempo la Cina e altri Paesi asiatici con cui la Birmania fa affari sono molto più sviluppati.

(di Alessandro Ursic/ANSA)

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