Golpe militare in Birmania, arrestata Aung San Suu Kyi

Soldati a Yangon City.
Soldati a Yangon City. (ANSA)

BANGKOK.  – Le speranze che la Birmania fosse davvero sulla strada della democrazia sono finite dopo neanche dieci anni. I militari hanno ripreso il potere, arrestando Aung San Suu Kyi e altri alti esponenti del suo partito.

La motivazione ufficiale è quella che l’esercito lamentava da settimane: presunte irregolarità su vasta scala nelle elezioni di novembre stravinte da Suu Kyi. Nel giorno in cui si doveva insediare il Parlamento, il Paese torna bruscamente al passato di mezzo secolo di dittatura militare.

Dopo i timori di un golpe cresciuti negli ultimi giorni, l’esercito è passato all’azione nella notte. Mentre tutti i politici erano nella capitale Naypyidaw per l’inaugurazione della nuova legislatura, “la Signora”, il presidente Win Myint e un’altra ventina di politici e critici della società civile sono stati prelevati dai militari, e al momento si ignora dove siano.

Poche ore dopo la tv ha annunciato il trasferimento di tutti i poteri al capo delle forze armate, il generale Min Aung Hlaing. Al termine dello stato di emergenza di un anno, è stato detto, saranno organizzate nuove elezioni.

Tutto è avvenuto nello spazio di poche ore, spiazzando una popolazione che tre mesi mesi fa aveva votato di nuovo in massa per Suu Kyi. Le telecomunicazioni sono state interrotte per ore, tornando poi a singhiozzo nel pomeriggio; chiuse anche le banche e sospesi i prelievi, dopo che si erano formate code ai bancomat.

Nelle strade di Yangon e di altre città ci sono oggi più militari del solito ma la popolazione finora non è scesa in piazza, neanche dopo un comunicato della Lega nazionale della democrazia (Nld) di Suu Kyi (della cui autenticità molti però ancora dubitano) in cui si esortava la popolazione a “protestare di cuore” e a “non accettare il colpo di Stato”.

I militari hanno giustificato il loro intervento invocando l’articolo 417 della Costituzione. La norma dà all’esercito la facoltà di intervenire in caso di “tentativi di prendere il controllo della sovranità illegalmente e con la forza” che mettono in pericolo la solidarietà nazionale.

Il riferimento è ai presunti brogli nelle liste elettorali: secondo l’esercito, oltre 10 milioni di doppi nomi, un’accusa che la Commissione elettorale nega. Che sia un pretesto o meno, è da notare come il golpe sia in sostanza legale per la Costituzione stessa, scritta e imposta dai militari nel 2008.

Il colpo di Stato è stato condannato “fermamente” dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, e diversi Paesi occidentali si sono uniti alle critiche. La Farnesina ha chiesto il rilascio di tutti i leader arrestati, notando che “la volontà della popolazione è chiaramente emersa nelle ultime elezioni e va rispettata”.

La Casa Bianca ha minacciato di “agire contro i responsabili” se non cederanno il potere, con Joe Biden che ha parlato di “attacco alla democrazia” e ha ventilato la possibilità di ripristinare le sanzioni rimosse nell’ultimo decennio.

Più sfumata la posizione della Cina, che in Birmania ha enormi interessi geopolitici: Pechino ha chiesto di “salvaguardare la stabilità politica e sociale”. Domani intanto si riunirà il Consiglio di sicurezza dell’Onu in seduta straordinaria.

Quali siano le reali intenzioni di Min Aung Hlaing è ancora da capire. Il riservato generale, capo dell’esercito da dieci anni, sarebbe dovuto andare in pensione a fine giugno.

Le sue ambizioni presidenziali erano note da tempo, così come il fatto che il suo rapporto con Aung San Suu Kyi si fosse gradualmente deteriorato, anche se il premio Nobel per la Pace non ha mai cercato lo scontro frontale con i militari; anzi, per molti suoi fan è stata anche troppo accomodante.

Quella che agli inizi era stata interpretata come una transizione gestita verso la democrazia si è rivelata la progressiva costruzione di un sistema ibrido di potere in cui i militari non intendono prendere ordini da un governo civile. E da oggi, almeno per un anno, gli ordini li daranno ufficialmente loro.

(di Alessandro Ursic/ANSA)

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