Nuove proteste per Navalny, stretta in Russia

Nella foto d'archivio l'arresto di Navalny al controllo passaporti all'aeroporto Sheremetyevo di Mosca. (Photo by Kirill KUDRYAVTSEV / AFP)

MOSCA. – Fermi di polizia, arresti domiciliari, inchieste penali: alla vigilia delle nuove proteste contro la detenzione del rivale numero uno di Putin, Alexey Navalny, le autorità russe hanno effettuato un severo giro di vite colpendo dissidenti e giornalisti.

Un tribunale di Mosca ha ordinato due mesi di arresti domiciliari per alcuni dei più stretti collaboratori dell’oppositore, tra cui suo fratello Oleg e la legale del Fondo Anticorruzione Liubov Sobol. Sono accusati di aver violato le norme anti-Covid spronando la gente a scendere in piazza. Ma il Cremlino non ha risparmiato neanche i giornalisti.

Il direttore della testata online MediaZona, Serghiei Smirnov, è stato fermato dalla polizia mentre usciva di casa. Secondo gli investigatori, avrebbe pubblicato un post sui social media invitando a partecipare alle proteste. Reporter Senza Frontiere denuncia che a causa delle manifestazioni “i giornalisti russi sono soggetti a visite preventive” da parte delle forze dell’ordine, a perquisizioni delle loro abitazioni e alcuni persino a procedimenti penali, e ha chiesto al governo di mettere subito fine a “queste gravi violazioni della libertà di stampa”.

Il 23 gennaio decine di migliaia di persone in tutta la Russia sono scese in piazza a sostegno di Navalny. Il Cremlino ha risposto reprimendo le proteste a manganellate e con oltre 4.000 fermi, e pare voler continuare col pugno duro anche in vista dei cortei.

A Mosca le manifestazioni sono in programma davanti alla famigerata Lubjanka: l’edificio che ospita il comando dell’intelligence russa sospettata dell’avvelenamento che lo scorso agosto ha portato Navalny in bilico tra la vita e la morte.

Il governo ha risposto annunciando la chiusura di sette stazioni di metropolitana della zona e mettendo in guardia chi ha intenzione di protestare: sfilare in corteo significa rischiare l’incriminazione per “disordini di massa”, oltre che per violazione delle norme anti-Covid.

A trascinare in piazza così tante persone la scorsa settimana è stata anche una video-inchiesta della Fondazione Anticorruzione di Navalny diventata subito virale. Mostra una villa da sogno sul Mar Nero con vigneti, casinò e lussi di ogni tipo. Secondo l’indagine, la magione sarebbe stata finanziata con fondi illegali per oltre un miliardo di euro e apparterrebbe a Putin, che però nega.

Un oligarca vicinissimo al presidente russo, Arkadi Rotenberg, ha dichiarato di essere il proprietario del palazzo e che vi sta realizzando un hotel che aprirà “tra due o tre anni”. Per smentire gli sfarzi denunciati da Navalny, la tv di Stato russa ha trasmesso delle immagini che mostrano dei lavori in corso nella villa, ma secondo Navalny e alleati si tratta di una ristrutturazione dovuta a problemi tecnici e Putin possiederebbe la tenuta attraverso dei prestanome.

(di Giuseppe Agliastro/ANSA)

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