Cina: giustiziato il tycoon condannato per tangenti

Il tycoon Lai Xiaomin condannato a morte per tangenti.
Il tycoon Lai Xiaomin condannato a morte per tangenti. (ANSA// AFP)

PECHINO. – Ex banchiere ed ex alto funzionario del Partito comunista cinese, Lai Xiaomin è stato giustiziato per corruzione e bigamia. É l’ultima figura di spicco a finire nelle maglie della feroce campagna anti-corruzione lanciata nel 2012 dal presidente Xi Jinping.

Il tribunale di Tianjin si è spinto oltre, spacciandolo nella sentenza di condanna come “l’uomo più corrotto dalla fondazione della Repubblica popolare nel 1949” per le tangenti incassate da 277 milioni di dollari, direttamente o tramite terzi.

Lai, al quale è stato concesso di incontrare i parenti stretti prima dell’esecuzione, è stato per anni il potente presidente di China Huarong Asset Management, uno dei quattro colossi statali di gestione dei crediti deteriorati, trasformato in un feudo privato.

Del resto, resterà scolpita nell’immaginario collettivo cinese la grande stanza di uno dei suoi appartamenti imbottita di 200 milioni di yuan in contanti, del peso di circa tre tonnellate, mostrata in un documentario a gennaio 2020 dalla tv statale Cctv, come parte di una serie dedicata a cinque casi clamorosi di corruzione.  Nell’occasione, Lai parlò di “apatia di fronte a tanto denaro, diventato ormai una consuetudine”.

La parabola discendente del potentissimo banchiere riflette l’atteggiamento della Cina di punire severamente la corruzione, ha detto uno dei giudici che ha provveduto alla stesura della sentenza, poiché si è scoperta “l’acquisizione illegale della più grande quantità di tangenti da decenni”.

Il 5 gennaio, Lai era stato condannato a morte dal Tribunale secondario intermedio del popolo di Tianjin, con la revoca dei suoi diritti politici e la confisca di tutti i suoi beni.

L’Alta corte del popolo di Tianjin, infine, ha confermato la pena di morte, respingendo il suo appello e presentandosi alla Corte suprema del popolo ciñese per la verifica e l’approvazione finale, maturata perché aveva approfittato “del suo dovere e della sua posizione per ottenere vantaggi illegali”, appropriandosi anche di oltre 25,13 milioni di yuan.  Mentre era sposato, ha convissuto con un’altra donna e ha avuto figli fuori dal matrimonio, ha aggiunto la Corte.

Venerdì il giudice capo di primo grado ha spiegato la condanna a morte di Lai, hanno riferito i media locali con grande enfasi: gravi complotti criminali, che hanno causato “un cattivo impatto sociale e pesanti perdite sia per il Paese sia per i cinesi”.

Lai ha accettato tangenti dal 2008 al 2018, per un numero di reati di corruzione che ha raggiunto quota 22, dalla raccolta di fondi ai progetti di appalto, fino all’ottenimento di promozioni e trasferimenti di lavoro.

Anche se Lai ha reso “un servicio meritorio significativo”, tenendo in considerazione tutti i crimini contestati, questo non è stato sufficiente per una punizione più clemente. La maggior parte del maltolto è stata recuperata, con una parte consegnata alla tesoreria dello Stato e ad altri organi competenti.

Appena venerdì scorso, parlando alla quinta sessione della Commissione centrale per l’ispezione della disciplina, l’anti-corruzione del Pcc, Xi ha rinnovato la sua determinazione contro il “tarlo” che minaccia il partito e il raggiungimento degli obiettivi del 14/mo piano economico quinquennale del 2021-25, primari “per l’avanzamento e lo sviluppo della nazione”.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

Lascia un commento