NEW YORK. – Il debito pubblico italiano è in aumento a quasi il 160% nel 2021 ma è “sostenibile” grazie a tassi di interesse bassi e alla prevista ripresa della crescita economica. Ne è convinto il Fondo Monetario Internazionale che constata un aumento generalizzato del debito pubblico a livello mondiale in seguito ai 14.000 miliardi di dollari stanziati per far fronte alla pandemia.
Secondo i dati del Fmi, il debito dell’Italia è salito dal 134,6% del Pil nel 2019 al 157,5% del 2020. E quest’anno crescerà ancora arrivando a toccare il 159,7%, in peggioramento rispetto alla stima dello scorso ottobre, quando il Fondo aveva previsto un debito al 158,3%. Sul fronte del deficit gli esperti di Washington prevedono invece un calo dal 10,9% del 2020 al 7,5% nel 2021.
Ma il Fmi non appare preoccupato: “il debito è sostenibile, supportato dai bassi tassi di interesse e una prevista ripresa nella crescita”, afferma Vitor Gaspar, il responsabile del Fiscal Monitor. Il Fondo prevede per l’Italia una crescita al 3% quest’anno e un’accelerazione al 3,6% il prossimo.
Non appare particolarmente preoccupata neanche l’agenzia S&P che, in merito alla situazione politica in Italia, ritiene che “non ci saranno elezioni anticipate” e che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella “troverà una soluzione con un governo guidato da Conte o da un altro, potenzialmente anche un tecnico come Mario Draghi”.
Parole che lasciano intravedere come, almeno per il momento, la crisi non è destinata ad avere un impatto sul rating dell’Italia BBB con outlook stabile.
Pur in un contesto di debito sostenibile, “é essenziale” – secondo Gaspar – che l’Italia usi le risorse del Recovery Fund “per finanziare progetti di alta qualità che rafforzino le prospettive di crescita, facilitino una transizione verso un futuro verde e digitale e accelerino la riduzione del debito”.
Le parole di Gaspar fanno eco a quelle della Bce che, in via generalizzata, spiega come l’uso ottimale dei fondi del Next Generation Eu è impiegarli in investimenti pubblici produttivi, “in grado di aumentare il prodotto reale dell’Eurozona di circa l’1,5% nel medio termine”.
Questo in alcuni paesi “metterà alla prova la capacità istituzionale di selezionare e realizzare progetti fattibili”. Indirizzare i fondi verso trasferimenti fiscali (come incentivi, riduzioni delle tasse, ecc) vuol dire, mette in evidenza la Bce, rinunciare agli effetti potenziali sul Pil di medio termine con conseguenze sul debito.