Percezione della corruzione: Italia 52/a, frena nell’anno del Covid

Transparency International
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ROMA. – Dal 2012 l’Italia si stava via via guadagnando la reputazione di Paese in lotta contro la corruzione, ma l’anno del Covid ferma i progressi anche in questo senso. E’ l’Indice di Transparency International, il barometro della percezione della corruzione, a indicare una battuta d’arresto.

Il nostro Paese perde una posizione in classifica e si attesta al 52/o posto, in compagnia di Grenada, Malta, Mauritius e Arabia saudita, con un punteggio di 53, mentre la media Ue è 64 punti. Danimarca e Nuova Zelanda continuano ad attestarsi come i più virtuosi, con un punteggio di 88, mentre gli Stati Uniti, che hanno avuto un tonfo negli ultimi anni, sono al 25/o posto (dal 2017 hanno perso 9 posizioni). In fondo alla classifica Siria, Somalia e Sud Sudan.

L’Indice non dice quanto sia corrotto un Paese, ma misura la “corruzione percepita”. La valutazione è fatta sulla base di 13 strumenti di analisi e di sondaggi ad esperti e investitori. Negli ultimi anni la reputazione dell’Italia stava migliorando, guadagnando una decina di punti a partire dal 2012, l’anno della legge Severino.

E’ stato poi introdotto, ricorda Transparency, il diritto generalizzato di accesso agli atti rendendo più trasparente la Pubblica Amministrazione ai cittadini, sono state approvate la disciplina a tutela dei whistleblower e quella sulla trasparenza nei finanziamenti alla politica, e con la legge anticorruzione del 2019 sono state inasprite le pene previste per alcuni reati. Invece il 2020 segna “un rallentamento”.

“Senz’altro l’emergenza sanitaria e la crisi pandemica hanno inciso”, sottolinea Iole Anna Savini, presidente di Transparency International Italia. Un campanello d’allarme, segnala l’organizzazione, secondo la quale “la gestione dei fondi europei per la ripresa imporrà maggiore attenzione verso il fenomeno al fine di impedire che si mettano a rischio i risultati nella lotta alla corruzione”.

Per il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Giuseppe Busia, il dato va però guardato con “l’ottimismo della volontà”, rapportandolo a una situazione di grave crisi indotta dalla pandemia. Secondo l’Anac vanno fatti ulteriori passi avanti con la digitalizzazione delle procedure di affidamento e sulla banca dati dei contratti pubblici, che potrà essere uno strumento per monitorare la spesa delle risorse del Recovery fund.

E a tale proposito l’auspicio è che gli oltre 200 miliardi creino le base e aiutino il passaggio sul digitale della pubblica amministrazione a garanzia della trasparenza.

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