Disabili pestati in strada nell’indifferenza generale, tre fermi

Disabile in carrozzina.
Disabile in carrozzina. (ANSA)

AGRIGENTO. – Malmenati, scherniti, addirittura “imballati” con del nastro adesivo e fatti ruzzolare come fossero giocattoli in mezzo alla strada. Disabili che chiedevano, e a gran voce, aiuto; ma a Licata i passanti anziché prestare soccorso, oppure chiedere anonimamente l’intervento delle forze dell’ordine, si giravano dall’altra parte e acceleravano il passo, con un’unica eccezione: una donna.

Le sevizie venivano riprese con i cellulari e caricate sui social: su facebook o su whatsapp e così i carnefici continuavano a deridere le loro vittime.

Tre fermi sono stati firmati dal procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio e dal pm Gianluca Caputo ed eseguiti stanotte dai carabinieri di Licata. In carcere sono finiti Antonio Casaccio, 26 anni; Gianluca Sortino, 23 anni e Angelo Marco Sortino, 36 anni, tutti accusati di tortura, sequestro di persona e violazione di domicilio.

Una delle vittime sarebbe stata colpita con un bastone, legata con nastro adesivo e abbandonata per strada fino a quando una passante non ha liberato il malcapitato. In altre occasioni ai disabili presi di mira sarebbe stato imbrattato il viso con della vernice. Oppure, legati a una sedia con un secchio in testa e picchiati.

Secondo i pm non si può escludere che la banda si sia resa protagonista di altri episodi oltre a quelli finiti al centro dell’inchiesta e gli accertamenti sono ancora in corso. Entro 48 ore i pm chiederanno la convalida del fermo per i tre indagati – che hanno nominato come difensore l’avvocato Santo Lucia – e sarà fissata l’udienza davanti al gip.

“Per strada passavano decine e decine di persone, ma nessuno s’è fermato a prestare aiuto alle vittime, portatori di handicap o incapaci di intendere e di volere – ha evidenziato il comandante provinciale dell’Arma, il colonnello Vittorio Stingo – Non c’è stata nessuna collaborazione e questa indifferenza collettiva per la sofferenza altrui ci ha colpito.

Il branco era costituito da giovani, sposati e padri di figli, che riprendevano le loro violenze con i cellulari per poi diffondere i video sui social – ha spiegato – per schernire questi soggetti deboli. Social che da mezzi di comunicazione diventano strumento di diffusione di violenza”.

“Ci siamo ritrovati davanti alla ‘banalità del male’ perché gli indagati ridevano della sofferenza di queste persone che hanno una difesa molto più bassa trattandosi di invalidi civili e di gente che ha problemi fisici o psichici – ha detto il comandante della compagnia di Licata, il capitano Francesco Lucarelli -. E’ emersa anche la cultura, come direbbe Papa Francesco, dello ‘scarto’. Le vittime sono state considerate alla stregua di oggetto inutile con il quale potersi dilettare”.

(di Concetta Rizzo/ANSA)

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