Nuovo libro accusa Trump, “era un asset del Kgb”

Due pupazzi, (stile matrioska) con l'immagini di Trump e Putin allusivi al Russiagate.

WASHINGTON. – Il Kgb cominciò ad adescare il “giovane e vanesio” Donald Trump, 40 anni fa, riciclando denaro nei suoi condomini di lusso, salvandolo con fiumi di denaro dalle bancarotte e trasformandolo in un asset russo che ha dato a Vladimir Putin “tutto quello che voleva, quando è diventato presidente”.

Trump e i russi erano legati anche dal defunto finanziere Jeffrey Epstein, che forniva giovani minorenni al jet set internazionale e che si vantava di aver presentato Melania a Donald.

É la tesi di un nuovo libro esplosivo, “America Kompromat, come il Kgb ha coltivato Donald Trump e le relative storie di sesso, avidità, potere e infedeltà”, scritto dallo scrittore e giornalista americano Craig Unger, ex vicedirettore del The New York Observer e autore di vari libri, sui Bush, su Trump e Putin. Un libro basato su interviste con fonti di alto livello, sovietici disertori, ex ufficiali della Cia, agenti dell’Fbi, avvocati.

Secondo l’autore, i rapporti di Trump con i russi cominciarono nel 1976 quando il tycoon decise di fare il salto dopo aver costruito immobili dal Queens a Manhattan e acquistò il suo primo hotel con generosi sconti fiscali grazie all’aiuto di un avvocato legato alla mafia, Roy Cohn.

Trump comprò poi centinaia di tv per il suo albergo nel negozio di Semyon “Sam” Kislin, un ebreo ucraino emigrato e reclutato dal Kgb, secondo l’ex agente dei servizi segreti sovietici Yuri Shvets. Quel negozio fu usato dal Kgb per corteggiare potenziali asset.

Ma Trump era già finito, anni prima, nel mirino degli 007 russi quando il “giovane, narcisistico e brutalmente ambizioso immobiliarista vendette condomini multimilionari alla mafia russa riciclando soldi attraverso anonime società fantasma”. Quell’operazione, secondo il libro, lo rese nuovamente rico dopo la bancarotta dei suoi casinò ad Atlantic City.

Nel 1977, inoltre, aveva sposato Ivana Zelnickova, modella cecoslovacca proveniente da un distretto dove la polizia segreta era legata al Kgb: all’epoca Trump già evocava la corsa alla Casa Bianca in futuro. Probabilmente, scrive l’autore, il tycoon attrasse i servizi segreti russi perché era “vanesio, altamente suscettibile di adulazione”.

La svolta avvenne nel 1987, quando Donald e Ivana Trump visitarono San Pietroburgo invitati da un alto dirigente del Kgb con il pretesto di un sopralluogo preliminare per costruire una Trump tower a Mosca: secondo Unger, fu un “profondo sviluppo” da parte del Kgb che creò ulteriori canali segreti e consentì ai russi di influenzare e danneggiare la democrazia americana.

Il libro racconta anche il capitolo Epstein, che gestiva il suo traffico sessuale ricevendo dagli oligarchi russi teenagers da Russia e Ucraina offrendole agli uomini più potenti del mondo, spesso registrando i loro incontri a scopo di ricatto. Il nome di Trump, scrive Unger, era nel “black book” di Epstein con non meno di 16 numeri.

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