Mosca proroga New Start, ma è presto per reset con Usa

Un missile nucleare.
Lo zar presenta la nuova arma nucleare. Washington scettica

MOSCA.  – La Russia ha ratificato l’estensione del trattato New Start – che regola il numero delle testate nucleari di Mosca e Washington – a tempo di record, approvando in entrambi i rami del Parlamento la richiesta inviata da Vladimir Putin dopo aver trovato la quadra con Joe Biden.

“È un passo nella giusta direzione”, ha sentenziato lo zar intervenendo al forum di Davos, dove ha delineato la sua dottrina globale (“l’epoca unipolare è finita”). Ma da qui a parlare di disgelo, ce ne corre.

A mettere i puntini sulle ‘i’ ci ha pensato infatti il suo portavoce, Dmitry Peskov. “È irreale parlare ora di reset”, ha spiegato prendendo a prestito il termine usato dall’amministrazione Obama quando a sedere al Cremlino c’era Dmitry Medvedev. Un’èra geologica fa.

A pesare, tra le tante cose, adesso c’è il caso Navalny – “Putin ne ha parlato con Biden”, ha assicurato Peskov – nonché i mille dossier scottanti di sempre, come hacker, Ucraina e Bielorussia. Andare d’accordo non sarà facile.

La Russia, ha ad esempio sottolineato proprio oggi il ministero degli Esteri, considera la dichiarazione del G7 sulla Navalny come “una grossolana interferenza” nei suoi “affari interni” nonché una mossa “apertamente ostile”. Il tutto mentre fioccano arresti e perquisizioni, compreso l’appartamento di Navalny e sua moglie Yulia Navalnaya.

Ma certo, data la situazione la proroga del New Start rappresenta una rara, e benefica, prova di cooperazione. L’estensione (cinque anni) darà tempo a Russia e Usa per far ripartire i negoziati sul controllo degli armamenti, magari (parola del vice ministro degli Esteri Serghei Ryabkov) includendo anche le nuove armi ipersoniche sviluppate proprio da Mosca (e sbandierate da Putin negli ultimi anni).

Lo zar, d’altra parte, nel suo discorso a Davos ha ribadito come un mondo “senza regole” sia estremamente pericoloso e, se non si vuole cadere nella “distopia”, vanno affrontate i legittimi interessi dei vari poli di potere, che ormai sono “una realtà”, in modo armonico.

“La pandemia – ha avvertito – non farà altro che accelerare i cambiamenti già in atto dal punto di vista sociale, economico, politico e tecnologico”. Ecco, su quest’ultimo punto Putin ha calcato la mano.

“I giganti tecnologici, soprattutto quelli digitali, hanno iniziato a svolgere un ruolo sempre più significativo nella vita della società” e “in alcuni settori essi de facto sono già in competizione con lo Stato”, ha ammonito. Serve insomma trovare una quadra e, naturalmente, deve essere la politica a farlo. Putin poi ha anche aperto (cautamente) all’Europa.

“Siamo uniti non solo dal punto di vista geografico ma anche, ed è ancora più importante, da quello culturale”, ha detto il presidente russo riprendendo un suo vecchio cavallo di battaglia. “È interesse sia della Russia che dell’Europa tornare ad un’agenda positiva, mettendo da parte le fobìe passate, ereditate dal Novecento”.

Tutto molto bello a dirsi, molto più difficile a realizzarsi. Anche perché lo zar è sicuro che l’apertura non può essere “unilaterale” ma “approccio comune”. E qui la storia si fa complessa. Vedremo cosa verrà fuori dalla visita della prossima settimana dell’Alto rappresentante per la politica estera Ue Joseph Borrell.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)

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