Soli e stressati, a rischio la psiche dei sacerdoti

Confessioni all'aperto: un prete ed un fedele seduti su delle sedie nella navata di una chiesa.
Una confessione (Foto Sir)

ROMA. – Soli, spesso sovraccarichi di impegni e responsabilità, talvolta anche privi del confronto con i superiori e della stima che una volta veniva tributata, a prescindere, a chiunque indossasse una tonaca. Sono i sacerdoti di oggi a rischio depressione e burn out.

Ne parla la rivista cattolica ‘Il Regno’ dando voce ad uno specialista, il professor Raffaele Iavazzo, psichiatra e bioeticista con master presso la Pontificia università Lateranense.

In un contesto così complesso, il celibato rimane qualche volta ‘sulla carta’ mentre resta difficile, ancora oggi, fare i conti con la propria omosessualità. C’è dunque una diffusa sofferenza oggi nel vissuto di molti preti, che si “sviluppa in una condizione di particolare solitudine”.

Personale, legata a ciascun individuo e alla formazione ricevuta, ecclesiale, vissuta in comunità sfilacciate anche a fronte di un sensibile calo numerico di preti, e sociale, per la perdita di uno status riconosciuto. Una situazione che viene definita anche ‘burn out’ e che non colpisce solo i sacerdoti italiani.

La Conferenza episcopale francese, dopo alcuni suicidi tra i sacerdoti, lo scorso novembre ha avviato un sondaggio tra gli stessi preti. Alla domanda su come auto-percepiscono la loro situazione, i parroci nel 45% dei casi rilevano una malattia cronica; 2 su 5 esagerano con l’alcool e un 8% è al limite della dipendenza, 6 su 10 sono sovrappeso o a rischio obesità.

Inoltre il 9% dei preti francesi che hanno partecipato all’indagine presenta una vera e propria sindrome depressiva, mentre il 40% autocertifica “un basso grado di realizzazione personale”. A causa del sovraccarico di impegni e responsabilità un 2% dei preti è gravemente affetto dalla sindrome di burn out, mentre il 7% è affaticato in forma elevata.

Tornando alla situazione italiana, il professor Iavazzo parla “dell’isolamento in cui molti presbiteri vivono. Un isolamento che favorisce tante mediocrità spirituali, tante pesantezze umane, tante fragilità, tante deviazioni, da quelle meno gravi a quelle gravissime, di cui poi si parla sui giornali”. Una situazione che talvolta trasforma i voti professati in “maschere”.

Sulla disciplina del celibato lo psichiatra sottolinea che “risulta diffusamente inosservata e con modalità molto imbarazzanti”. “Si tratta di considerare gli effetti di una continenza coatta, in una società profondamente modificata, in cui nulla è più paragonabile a un prima anche appena passato”.

Per lo specialista occorre anche un nuovo sguardo sul tema dell’omosessualità diffusa nel clero: “Oggi nel mio studio arrivano molti sacerdoti omosessuali e la loro narrazione si fa sempre più trasparente e consapevole; usano un linguaggio diretto, come chi ha preso in mano il timone della propria barca e la guida con apparente sicurezza in acque che invece, almeno in teoria, vengono agitate da molte dichiarazioni di principio, a cominciare dalla Ratio fundamentalis istitutionis sacerdotalis della Congregazione per il clero”.

Certo, “non si può fare di ogni erba un fascio e c’è una moltitudine di presbiteri che vive la bellezza della propria vocazione. Sono un medico psichiatra – conclude Iavazzo – e quindi la mia esperienza mi mette a contatto con quello che non funziona”.

(di Manuela Tulli/ANSA)

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