Navalny attacca Putin: “Ecco il suo palazzo segreto”

La foto postata da Navalny (Twitter)
La foto postata da Navalny (Twitter)

MOSCA. – Un palazzo principesco da oltre 14 mila metri quadri sulle rive del Mar Nero. È questo, secondo Alexey Navalny, il segreto dei segreti della Russia di oggi.

Perché questa specie di “Versailles dans l’eau” apparterrebbe, di fatto, a Vladimir Putin. Il principe degli oppositori ha insomma deciso di bruciare le navi sulle rive e, dalla cella, giocarsi il tutto per tutto attaccando frontalmente lo zar con una lunghissima inchiesta sulla genesi e la gestione odierna del palazzo. Che sarebbe costato oltre 1,1 miliardi di euro.

La residenza sorge nei pressi della cittadina di Gelendzhik, non molto lontana dalla penisola crimeana, e farebbe invidia a un emiro. Secondo Navalny il complesso – circondando da 7.500 ettari di parco gestiti dall’FSB, di cui Putin è stato direttore, così da evitare sguardi indiscreti – è dotato di palazzetto da hockey, un anfiteatro, una casina per il tè collegata al complesso principale da un ponte di 80 metri, nonché un accesso sotterraneo al mare che all’esigenza può diventare un bunker.

Il palazzo in sé, di tre piani, è movviamente dotato dei comfort più lussuosi, interamente arredato da ditte italiane. In più, come satelliti, vigneti e persino un allevamento di ostriche.

“È la struttura più segreta e sorvegliata della Russia, senza esagerare”, scrive Navalny. “Questa non è una casa di campagna, non è una dacia, non è una residenza: è un’intera città. O piuttosto un regno. Ha recinzioni inespugnabili, un porto, le proprie guardie, una chiesa, un proprio controllo degli accessi, una no-fly zone e persino un posto di controllo di frontiera. È direttamente uno Stato separato all’interno della Russia. E in questo Stato c’è un unico e insostituibile re: Putin”.

Ora, ad essere sinceri, questa storia non è nuova. Già nel 2011, quando al Cremlino c’era Dmitri Medvedev e sembrava che la sua voglia di restare al potere fosse autentica, un ex del circolo stretto putiniano, dopo essere fuggito a Tallin, aveva spifferato tutto e l’esistenza del palazzo era stata rivelata al mondo.

Ma Navalny ora aggiunge nuovi dettagli, conditi dalla sua ineguagliabile forza nello “storytelling”. La sua inchiesta segue dunque per filo e per segno il movimento dei quattrini, elenca i prestanome incaricati di detenere le chiavi di accesso e ne descrive le affiliazioni con Putin.

Formalmente il palazzo apparterrebbe all’uomo d’affari Alexander Ponomarenko. Ma come dice Navalny, “nessun imprenditore ha una no-fly zone sulla sua villa” o vanta la guardia presidenziale come security. Tutto insomma punta nella direzione di Putin, ormai satrapo mentre il suo popolo arranca.

Il portavoce, Dmitry Peskov, ha smentito sbrigativamente l’inchiesta e l’ha bollata, appunto, come una vecchia storia. Che va letta però nella cornice del braccio di ferro, attualissimo, con Navalny. Su questo aspetto è stato più loquace. Peskov ha infatti confermato di aver “preso nota” degli appelli piovuti dalle varie capitali occidentali per l’immediata liberazione di Navalny ma ha sottolineato che la Russia non vi baderà, poiché si tratta “assolutamente di un affare interno” e “non permetterà a nessuno d’intromettersi”.

Di più. Ha definito l’esortazione di Navalny a scendere in piazza come “preoccupante” e che dovrà essere analizzata dal punto di vista “legale”. Insomma, se l’idea è scatenare la rivoluzione, le autorità risponderanno a tono.

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