Rione Sanità, una Napoli tra sogno e miracolo

Il cartellone del docufilm di Massimo Ferrari "Rione Sanità".
Il cartellone del docufilm di Massimo Ferrari "Rione Sanità".

ROMA. – “Se la Chiesa diventa una fontana a cui tutti si possono abbeverare”, come teorizza padre Antonio Loffredo, allora tutto è possibile anche bonificare un quartiere difficile come il Rione Sanità. Questo miracolo è quello che racconta, senza nessuna retorica, il documentario Rione Sanità. La certezza dei sogni di Massimo Ferrari, già fuori concorso al Torino Film Festival e ora dal 18 al 20 gennaio su #iorestoinsala.

Di che parla il film? Della rinascita economica e culturale di questo quartiere di Napoli controllato da sempre dalla camorra che, per fare solo un esempio, in soli quindici giorni è stata capace di uccidere ben cinque persone. La rinascita civile, economica e culturale del Rione Sanità ha però un artefice, padre Antonio Loffredo, figlio di imprenditori che ha scelto per la sua vita la fede.

Ora proprio questo sacerdote ha iniziato ad operare partendo dai giovani nella chiesa di Santa Maria della Sanità. E lo ha fatto cavalcando i loro sogni tanto da dare loro in gestione le catacombe di San Gennaro, da anni inagibili, scuole di teatro, musica e scultura e anche un nuovo centro sportivo, il tutto sempre negli spazi della parrocchia.

Il fatto è che in questo quartiere dopo tanta violenza la gente ha cominciato, piano piano, a dire basta. Giro di boa la morte di Genny Cesarano, il diciassettenne ammazzato per sbaglio nel corso di una resa dei conti in piazza Santa Maria della Sanità la notte del 6 settembre 2015.

Dopo quel tragico evento, l’associazione Libera ha lavorato sempre di più nella lotta alla criminalità organizzata attraverso azioni e progetti di realtà sociali molto attive e presenti sul territorio. A questo si aggiungano il progetto P.I.T.E.R. (Percorsi di Inclusione Territoriale ed Empowerment nel Rione Sanità) e l’associazione ‘Un popolo in cammino per Genny vive’, fondata dopo la morte del figlio Genny, dal padre Antonio Cesarano.

“Raccontare uno dei quartieri più difficili e più belli di Napoli – sottolinea il regista Massimo Ferrari – la sua trasformazione imprevedibile fino a pochi anni fa, attraversando vicoli e sguardi per arrivare al cuore pulsante di questo rione che è il cuore pulsante di Napoli, con tutte le sue contraddizioni e quei bagliori imprevisti che filtrano dalle viscere. È questa la vera sfida del documentario: tenere insieme gli opposti, restare fedeli a questa identità unica che è la base stessa, la certezza che ha permesso ai sogni di avverarsi”.

Tra le frasi più belle di padre Loffredo, quella dedicata alle donne, vero motore della sua rivoluzione: “Ho puntato solo sulle donne di questo quartiere, gli uomini in realtà contano poco. Anche nel caso di ragazzi che deviano dalla loro strada la loro unica sicurezza resta la madre”.

Il film, prodotto da SKY Arte, Big Sur e Mad Entertainment e scritto dallo stesso regista con Conchita Sannino, si avvale della fotografia di Blasco Giurato e delle musiche di Enzo Foniciello.

(di Francesco Gallo/ANSA)

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